I n fondo, oltre gli alberi, fuori dalla vista: come si usa negli ospedali. L'obitorio dell'ospedale di Saronno è al seminterrato di una palazzina. Tre stanze, due sono occupate: una donna anziana, e in quella accanto un uomo ancora giovane, a ricordarci che negli ospedali talvolta si guarisce, e talvolta si muore.
Ma qui, nel seminterrato nascosto dagli abeti, arrivavano anche uomini e donne che non sarebbero dovuto arrivarci: o, almeno, non quel giorno; non così presto. Ma che avevano avuto la disdetta di incontrare sulla loro strada il dottor Leonardo Cazzaniga, inventore del «protocollo Cazzaniga»: un cocktail di morfina, fenotiazine, benzodiazepine. Un biglietto di sola andata per l'obitorio del seminterrato.
Quattro casi accertati secondo la Procura; altri cinque sospetti, secondo l'indagine interna dell'ospedale, singolarmente finita in niente tre anni fa; ma addirittura altre cinquanta sono le cartelle cliniche sequestrate. E d'altronde la storia di questi angeli della morte, come di troppi loro antesignani negli ospedali d'Italia e del mondo, racconta che quando la lussuria di uccidere, di sostituirsi alla natura o direttamente al Padreterno, prende la mano, diventa difficile fermarsi.
A Leonardo Cazzaniga, la lussuria chissà quando aveva preso la mano. Di sicuro il 18 febbraio 2012, quando manda al Creatore il primo dei pazienti dell'elenco, Pancrazio Vergani, agiva già con scioltezza e consuetudine. E andare indietro con l'inchiesta chissà quali altri orrori porterebbe a scoprire. Ma tutto è reso difficile dal tempo trascorso, che rende persino inutile andare a risollevare dalla terra le tombe dei poveri morti. Ma il vero colpevole di questa difficoltà è anche l'impunità che ha accompagnato le imprese di Cazzaniga, la deliberata cecità di chi in ospedale sapeva e ha taciuto: così in 14, dal direttore in giù, vengono indagati. La commissione d'inchiesta interna dell'ospedale, nominata per fare luce, insabbiò tutto. «Tu durante la commissione hai detto più volte a quelli lì che quello lì era un pazzo, loro hanno cercato di mettere tutto a tacere», dice un amico a Maria Luisa Pennuto, l'unica della commissione che non accettava di chiudere gli occhi. E questi della commissione interna non erano angeli della morte, erano burocrati ospedalieri verosimilmente preoccupati del loro posto e del loro potere.
Sono stati loro la sponda giusta per i deliri di onnipotenza di Cazzaniga. La sponda sentimentale, l'anestesista di Saronno se l'era trovata nella sua anima gemella, l'infermiera Laura Taroni: che di questa vicenda è indubbiamente il personaggio più apertamente folle. Non tanto e non solo perché ammazza il marito, colpevole a suo dire di stupidità e violenze (ma ci sono anche intercettazioni assai crude in cui rimprovera al poveretto anche il cattivo sapore del suo liquido seminale); ma perché coinvolge il proprio figlio, che allora ha 11 anni appena, nei suoi giochi di droghe e morte, lo impasticca, lo spinge a progettare a sua volta delitti per impadronirsi di eredità familiari. E adesso tra le morti sospette c'è anche quella della madre di lei, Maria Cristina Clerici. Racconta ieri un primario: «Cazzaniga era un polemico, ma avevo poco a che fare con lui.
La Taroni invece era noto a tutti non stesse bene per problemi neurologici. Era spesso a casa in malattia. A quel che mi risulta presto sarebbe rimasta a casa definitivamente». Invece è servito che arrivasse la Procura della Repubblica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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