Nord patria dei pensionati da lavoro, Sud delle invalidità civili. Un sistema appesantito dal pagamento di prestazione assistenziali, quindi che non hanno a che vedere con la previdenza pagata da lavoratori e datori di lavoro. Un numero enorme di pensioni erogate, tante di importo minimo. Insomma, anche nel 2017 sono confermate le caratteristiche di fondo del nostro sistema previdenziale italiano, anche se gli effetti delle riforme si fanno sentire: soprattutto con un calo di pensionati da lavoro.
L'Inps ha diffuso i dati dell'Osservatorio sulle pensioni con i dati più recenti. Alla fine dell'anno scorso le pensioni vigenti erano 17.886.623. Tante. Per dare una misura dall'Inps esce un assegno ogni tre italiani. E non sono tutti anziani ed ex lavoratori. Di queste, infatti, 13,9 milioni sono previdenziali. Le altre, 3,9 sono invalidità civili e assegni sociali. Solo l'anno scorso le pensioni vigenti erano 18 milioni, quelle assistenziali sempre 3,9 milioni.
In sostanza ci sono 135 mila pensioni da lavoro in meno, mentre le invalidità sono aumentate di 7 mila e 600. Segno che le riforme stanno facendo effetto, nel senso che gli innalzamenti graduali dell'età pensionabile escludono sempre più lavoratori dalle pensioni.
L'Inps nel rapporto mostra come rispetto al 2004 le pensioni erogate siano aumentate del 2,3%, ma «a partire dal 2013 si sta assistendo ad una inversione di tendenza». Negli ultimi 6 anni «è iniziato a decrescere mediamente dello 0,6% annuo, con un decremento complessivo del 3,5%».
Non diminuisce la spesa. L'importo complessivo annuo nel 2017 è stato di 200,5 miliardi di euro di cui 179,6 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali, ha spiegato il presidente dell'Inps Tito Boeri. L'anno precedente la spesa era stata di 197,4 miliardi di euro.
Come ogni anno, colpisce il grande numero di assegni di importo basso. Nel 2017 il 62,2% delle pensioni vigenti per quanto riguarda il settore privato ha un importo inferiore a 750 euro. Per le donne la percentuale arriva al 75,5%. Ma non può essere un indicatore di povertà, visto che «molti pensionati sono titolari di più prestazioni pensionistiche o comunque di altri redditi». Infatti degli 11 milioni di pensioni inferiori ai 750 euro, «solo il 44,3% (4.930.423) beneficia di prestazioni legate a requisiti reddituali bassi».
La patria delle pensioni da lavoro si conferma il Nord Italia. In Sicilia la minore incidenza (172 pensioni ogni 1.000 residenti), seguita dal Lazio con 180 pensioni e dalla Campania (182). In Lombardia ci sono 261 pensioni per mille abitanti per un totale di 2.602.268 pensioni. Il record tocca ancora una volta alla Liguria, con 279 pensioni ogni mille residenti. Il fenomeno si inverte per le prestazioni assistenziali. In testa il Sud, con Sicilia, Campania e Calabria che presentano rispettivamente 99, 101 e 105 pensioni per 1.000 residenti. All'estremo opposto, Emilia Romagna, Piemonte e Friuli Venezia Giulia, che presentano un tasso di 42, 44 e 45 per 1.000 residenti.
Le pensioni sono uno dei temi destinati a tenere banco in questo inizio legislatura. La Commissione europea sta per rendere pubblico un rapporto che mette in dubbio la tenuta dei conti della previdenza italiana. Il peso delle pensioni concesse con troppa generosità nel passato, mette a rischio quelle future. Allo stesso tempo i partiti vincitori delle elezioni potrebbero decidere interventi sulla previdenza per rendere meno duri i requisiti della riforma Fornero.
In questo contesto di incertezza, una
buona notizia per i professionisti. La guerra tra loro casse di previdenza e l'Inps sui costi di gestione è finita. Le prime liquidazioni di pensioni dovute al cumulo grauito saranno erogate dopo Pasqua, entro il 20 aprile.