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Il piano di Berlusconi dopo la vittoria del No: nuova legge elettorale per tornare alle urne

Il Cavaliere: "In campo per responsabilità contro una riforma assurda". E sull'assalto giudiziario subìto: "Mi ha costretto a operarmi". E lavora al programma su fisco, Ue e pensioni

Il piano di Berlusconi dopo la vittoria del No: nuova legge elettorale per tornare alle urne

Roma - È il giorno del confronto a distanza (di qualche minuto) tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, nel salotto di Barbara d'Urso, uno spazio televisivo in cui il presidente di Forza Italia dimostra di essere tornato in piena forma, di essere ancora desideroso di mettere anima e corpo nel suo impegno politico. Ma soprattutto di avere un piano per il dopo-referendum e di essere pronto, in caso di vittoria del «No», a sedersi a un tavolo con le altre forze politiche per cambiare la legge elettorale e tornare al voto, perché «dopo il 4 dicembre sarà tutta un'altra storia, una bella storia di libertà». E le idee per la riscrittura del programma di centrodestra non mancano con un lavoro già avviato con gli alleati su aspetti concreti del programma come meno tasse, meno Stato, aumento delle pensioni minime, stipendio alle mamme e riduzione del surplus di versamenti all'Unione Europea.

L'accoglienza del pubblico è decisamente calda, al suo ingresso scatta la standing ovation e il coro «Silvio, Silvio» scandisce il suo rientro in grande stile negli studi Mediaset di Domenica Live. La conduttrice lo accoglie certificando il suo stato di forma con una battuta: «Non ci vediamo da prima dell'operazione, ma stai una favola». Risposta: «Ho fatto molto sport da giovane, ho un cuore da atleta, ma in 20 anni mi hanno fatto subire 73 processi, ho passato 2-3 pomeriggi a settimana con i miei avvocati. È stata l'indignazione che ho dovuto tenere dentro di me che mi ha provocato quello per cui ho subito l'operazione». Berlusconi racconta, poi, gli stati d'animo che lo hanno accompagnato negli ultimi mesi segnati dalla sofferenza. «Io ho avuto questo intervento al cuore, è stato necessario molto tempo per riprendermi e sentivo la voglia di non impegnarmi in più, dedicarmi di più ai miei figli, ai miei nipoti e alle mie aziende. Ma poi è intervenuto il senso di responsabilità verso il paese che amo, verso gli elettori che in questi anni mi hanno dato più di 200 milioni di voti». La domanda su una sua possibile ridiscesa in campo è inevitabile. «Sento un senso di responsabilità. Sono costretto a scendere in campo per evitare che arrivi a compimento una riforma assurda. Per il dopo, vedremo».

L'importante ora è concentrare le forze sulla battaglia referendaria e disinnescare i pericoli che si profilano all'orizzonte. Con la riforma della Costituzione e la legge elettorale «Renzi si è cucito un abito su misura su di lui e sul Pd. Un unico uomo avrebbe nelle sue mani il Senato, la Camera, potrebbe eleggere il capo dello Stato e i membri della Corte Costituzionale. Sarebbe padrone dell'Italia e degli italiani. Ma questo è contrario alla democrazia. Anche se il centrodestra vincesse le elezioni, avremmo un Senato con il 60% dei suoi componenti del Pd. E il Senato conserva poteri enormi».

Berlusconi non ci sta a essere paragonato al presidente del Consiglio in carica. «Io in 20 anni ho avuto 200 milioni di voti. Renzi ha avuto solo i 112mila voti da sindaco di Firenze. C'è un abisso...». Nessuno spazio neppure per lo spettro del caos come conseguenza di una bocciatura popolare per il Ddl Boschi. «È una favola quella delle difficoltà sui mercati» nel caso di vittoria del No al referendum, «Resteremmo con questa Costituzione, e dopo l'accordo sulla legge elettorale andremo finalmente al voto». C'è spazio anche per smentire la retorica della riforma «voluta anche da Forza Italia». «All'inizio questa riforma era stata condivisa, perché volevamo una riforma scritta da tutti e avevamo fatto un patto per lavorare insieme. Renzi invece fece approvare la parte sul Senato in Cdm senza nemmeno coinvolgerci». Berlusconi ricorda di aver approvato anche una «riforma che cambiava 53 articoli fatta molto bene, ma la sinistra al solito scelse il tanto peggio tanto meglio e la bocciò.

E Renzi fece in quell'occasione una grande campagna per il No».

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