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Pil 2022 rivisto al ribasso. Bankitalia: Covid e prezzi mettono l'Italia a rischio

Da Confcommercio nuovo allarme consumi. Legacoop avverte: "Così le imprese chiudono"

Pil 2022 rivisto al ribasso. Bankitalia: Covid e prezzi mettono l'Italia a rischio

Covid e caro-energia stanno frenando la ripresa. Il Bollettino economico di Bankitalia ha messo in evidenza gli elementi di incertezza sull'evoluzione del quadro macroeconomico sottolineandone i rischi al ribasso. La stima sulla crescita del Pil 2022 è stata ridotta dal precedente +4% al +3,8% a causa della frenata nel quarto trimestre dello scorso anno quando il ritmo di incremento del prodotto interno lordo ha rallentato al +0,5 per cento. Ne consegue che per il recupero dei livelli pre-Covid del Pil occorrerà aspettare la fine del primo semestre di quest'anno.

Ma se la recrudescenza della pandemia, per sua stessa natura, ha contorni indefiniti, minore aleatorietà è connessa alla risalita dell'inflazione legata all'aumento dei prezzi energetici. Via Nazionale ha rivisto al rialzo la stima per il 2022, fissando il tasso di incremento al 3,5% medio annuo, a fronte del 2,8% indicato a dicembre. Il problema principale, tuttavia, è la ricaduta negativa sulla dinamica dei consumi. «Gli aumenti dei costi di produzione si sono trasmessi finora solo in misura modesta sui prezzi al dettaglio», rimarca Palazzo Koch alludendo a una fase prossima ventura di ulteriore surriscaldamento dei prezzi. La componente di fondo dell'inflazione (quella che esclude alimentari non lavorati ed energia) dovrebbe attestarsi all'1% quest'anno e aumentare progressivamente fino all'1,6 nel 2024, «sostenuta dalla riduzione dei margini di capacità inutilizzata e dall'andamento delle retribuzioni».

Analoghe valutazioni sono state effettuate dall'Ufficio studi di Confcommercio. La stima di gennaio indica un aumento dei prezzi dell'1,5% su dicembre e del 4,7% sull'anno. Il Rapporto sulla congiuntura segnala un -2% di Pil su dicembre (+4,4% annuo). Il mese scorso l'indicatore dei consumi di Confcommercio ha rallentato al +9,1% tendenziale rispetto al +16,4% di novembre pur confrontandosi con un dicembre 2020 nel quale molte attività erano chiuse a causa della seconda ondata della pandemia. Il perdurare delle tensioni in alcuni mercati delle materie prime e lo sfasamento temporale tra aumenti dei costi nelle filiere produttive e trasmissione alla distribuzione hanno indotto l'Ufficio studi a ritenere che lo scenario attuale «è destinato a durare almeno fino alla tarda primavera», mettendo a rischio la ripresa della domanda delle famiglie.

La forte spinta inflazionistica ormai non risparmia più nessuna attività produttiva e mette in ginocchio tutti coloro che hanno bisogno di elettricità e gas per operare a pieno regime. «Le imprese cooperative con attività energivore sono a rischio chiusura. Gli aumenti degli ultimi mesi sono insostenibili e lo spegnimento degli impianti potrebbe essere una scelta obbligata», ha reso noto ieri Legacoop Produzione e Servizi. «Il 76% di un campione rappresentativo delle imprese aderenti - ha sottolineato il presidente dell'associazione che riunisce oltre 2.300 imprese, Gianmaria Balducci - prevede di non riuscire ad ottenere, dai propri clienti e committenti, alcun riconoscimento di revisione prezzi a fronte dei rincari energetici».

Da questo preoccupante scenario nasce l'insoddisfazione del sistema Confindustria per gli 1,7 miliardi stanziati dal dl Sostegni ter per fronteggiare l'emergenza. «A fronte di un aumento della bolletta dell'ordine di 30 miliardi, il governo mette a disposizione neanche 2 miliardi. In questo modo il rischio di chiusura di intere filiere produttive diventa sempre più alto», ha commentato Walter Da Riz, direttore generale di Assovetro.

Stesse critiche da Federlegno, Anfia, Sistema Moda Italia, Federalimentare e Federchimica.

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