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Pittelli vince la battaglia e torna a casa

Dopo un mese di sciopero della fame. Era finito in cella per una lettera

Pittelli vince la battaglia e torna a casa

Forse il più bel compleanno della sua vita. L'ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, arrestato nel dicembre 2019 nell'ambito dell'inchiesta «Rinascita Scott» per presunti legami con la ndrangheta, torna ai domiciliari, dopo che gli erano stati revocati l'8 dicembre scorso per aver scritto una lettera di aiuto alla sua amica ed ex collega Mara Carfagna.

Nel giorno del suo 69esimo compleanno lascia il carcere di Melfi (Potenza), torna a casa a Catanzaro e riabbraccia la moglie Ketti e la figlia Gaetana. Non esce da libero, come sarebbe stato giusto, dopo due anni e due mesi di custodia cautelare. Ma esce, comunque, da quella cella che lo stava pian piano uccidendo.

Il 12 gennaio, infatti, l'avvocato calabrese aveva iniziato uno sciopero della fame annunciando che sarebbe «andato fino in fondo». La moglie ci informa che ora «è felice ma stanco, ha perso 11 chili ma la sua salute è discreta. Stiamo sicuramente meglio a casa e soprattutto insieme, quindi formalmente è cambiato molto, ma sostanzialmente non è cambiato nulla perché Giancarlo è sempre detenuto da 26 mesi».

Se oggi è tornato a casa è anche grazie ai suoi vecchi amici e compagni di scuola, primo tra tutti Enrico Seta, presidente del comitato «Appello per Giancarlo Pittelli» che ha avuto il coraggio di mettere in discussione le intoccabili inchieste del procuratore Nicola Gratteri. Ha raccolto 1.900 firme in una settimana, tra cui quelle di 29 parlamentari: «Da Fdi al Pd, tutti i partiti si sono mobilitati, ad eccezione di M5s e Leu - spiega Seta - La nostra campagna dimostra che la partecipazione popolare non è un intralcio alla giustizia ma un aiuto e un rafforzamento dei principi che anche la giustizia deve rispettare».

Anche Giovanni Paolo Bernini, portavoce del comitato, che in passato ha subito una vicenda giudiziaria simile a quella di Pittelli, da cui ne è nato il libro Storie di ordinaria ingiustizia è colmo di gioia: «Mi piace pensare che il mio libro che gli ho inviato gli abbia portato fortuna. Non si può pensare che per una lettera si possa finire in carcere. Per inciso, nel dispositivo del tribunale si legge che se la lettera l'avesse firmata la moglie o un famigliare allora non sarebbe successo niente. Assurdo».

Tiziana Maiolo, ex deputata di Forza Italia e oggi editorialista del Riformista, che giorni fa aveva scritto al ministro Cartabia è felice: «La lettera è servita. Nessuno dovrebbe stare due anni in custodia cautelare.

Ho un consiglio per Gratteri: faccia processi più piccoli e li chiuda in fretta invece di mettere in piedi maxiprocessi per il solo scopo di ottenere notorietà».

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