
È arrivata la scure della commissione Bilancio della Camera a ridimensionare l'offensiva degli emendamenti alla legge di Stabilità. Erano 3.700, ne sono rimasti all'incirca 2.100. Ma non era (non è) tanto la quantità di proposte a qualificare l'offensiva alla prima «finanziaria» firmata da Matteo Renzi, quanto il fatto che le proposte dei deputati sono tutte costose. In particolare quelle presentate dal Pd. Prima della scrematura, il pedaggio chiesto dai democratici al loro premier si aggirava intorno ai tre miliardi di euro. Ora, poco meno di un miliardo.
La maggior parte degli emendamenti scartati in commissione perché inammissibili intaccavano i saldi di bilancio, non avevano coperture e per questo non sono passati. Un esempio su tutti, il Pd (ma anche gli altri gruppi in forme diverse) hanno chiesto cambiamenti all'operazione Tfr, cioè all'anticipo di una mensilità della vecchia liquidazione. Nella legge di Stabilità l'anticipo viene tassato come un reddito normale, quindi con l'aliquota Irpef più alta, e non con un regime separato, come avviene per il Tfr preso nei termini consueti. Il Pd proponeva di non cumulare la quota di Trattamento di fine rapporto nell'imponibile. Costo teorico dell'operazione (difficile prevedere quanti aderiranno), circa 2,3 miliardi di minori entrate contributive. Pericolo scampato per il governo, che è già alle prese con la prospettiva di dovere inserire nella legge altri tre miliardi di correzione del disavanzo su ordine dell'Ue. E di ulteriori «buchi» non ne vuole sapere.
Ma qualche concessione, Renzi è disposta a farla. Ce n'è una che è a metà strada tra la legge di Stabilità e il Jobs Act. Unico riconoscimento possibile alla minoranza del Pd, che per definizione è laborista e vicina ai sindacati. Sono nuove risorse per gli ammortizzatori sociali. La minoranza Pd ha chiesto che la dotazione per la cassa integrazione e per le altre misure a sostegno del reddito di chi perde lavoro, passino da due miliardi a 2,7. Sono 700 milioni che il governo dovrà in qualche modo trovare. Con buona pace del ministro del Lavoro Giuliano Poletti che pochi giorni fa freddò i sindacati sostenendo che le risorse previste dalla legge sono sufficienti. Altra richiesta pressante del Pd al suo premier, sono le risorse per i patronati. La stabilità riduce di 150 milioni euro i fondi per le organizzazioni legate ai sindacati che fanno assistenza a lavoratori e pensionati. Il Pd si è schierato contro il taglio e il governo sta lavorando per accontentarli, eliminando del tutto il taglio. Un biglietto da 850 milioni di concessioni ai parlamentari Pd, che sa molto di strategia politica da finanziaria da Prima Repubblica. I parlamentari mettono a segno un colpo di immagine e riescono a trasmettere alle truppe il messaggio che anche Renzi può essere condizionato. Il premier mette in cascina fieno per le partite che gli stanno più a cuore: la legge elettorale e anche il Jobs act, una delle poche carte che può giocare bene nel braccio di ferro con l'Europa.
Qualche modifica, su richieste che vengono da tutti i gruppi politici, arriverà anche sulla tassazione dei fondi pensione e delle casse previdenziali private. Ma per il momento, rimangono intatte le famose clausole di salvaguardia che potrebbero tradursi, già dal prossimo anno, in una stangata per gli automobilisti. Nel solo 2015, ha denunciato l'Unione petrolifera, le imposte sui carburanti potrebbero aumentare di quasi 8 cent al litro se dovesse essere confermata la nuova clausola di salvaguardia inserita nell'emendamento del governo alla legge di Stabilità. Un aumento che per i petrolieri è il «colpo di grazia a ogni ipotesi di ripresa».
Tra gli altri capitoli che potrebbero cambiare, c'è l'aumento della deducibilità dell'Imu per i capannoni industriali e il bonus mamme. Tutto «a saldi invariati».
Governo al lavoro anche sulla local tax , che dovrebbe prendere il posto di tutte le altre imposte su casa e servizi. Ieri il governo ha incontrato l'Anci, l'associazione dei Comuni, proprio per mettere a punto le novità per la fiscalità locale.