La Francia ha un nuovo inquilino all'Eliseo, ma il grosso punto interrogativo sui prossimi cinque anni resta l'Assemblea nazionale. Chi avrà la maggioranza? Il cosiddetto «terzo turno» di queste presidenziali, il banco di prova per Macron, saranno le elezioni di giugno. Quelle politiche a cui puntano socialisti e gollisti per non scomparire.
Esclusi dal ballottaggio per l'Eliseo, i due partiti tradizionali si organizzano per ribaltare un risultato sconfortante sia per il Ps dell'uscente François Hollande sia per i Républicains del predecessore Nicolas Sarkozy. Come? Vincendo l'11 e il 18 giugno per imporre una coabitazione o indurre il presidente a creare una coalizione parlamentare: a trazione gollista o socialista.
Designato dai gollisti per guidare la campagna di giugno è François Baroin. Ma più che a un immaginifico ruolo da premier lavora per abbattere politicamente En Marche!: «La destra non presiederà la Repubblica, ma può ancora governarla», dice annunciando per questa settimana «un progetto di governo». I socialisti hanno ormai talmente tante teste che è difficile indicare un leader. Ci pensa dunque il segretario Jean-Christophe Cambadélis a vietare «tutte le doppie appartenenze». L'astuzia di Macron è stata quella di lasciar trapelare la possibilità di far correre alcuni socialisti col doppio simbolo, pensando di ottenere così una maggioranza di 289. Espediente scoperto da Cambadélis, che venerdì ha messo in chiaro le cose: i socialisti che vogliono candidarsi devono impegnarsi a garantire l'affiliazione «al gruppo Ps in Assemblée», dicendosi pronto a ritirare l'investitura a chi ha aderito ad En Marche!. L'obiettivo? «Ottenere il massimo dei deputati 100% socialisti, non degli ibridi macrono-socialisti o social-mélenchonisti».
Jean-Luc Mélenchon, dopo la vague della sua Francia ribelle al primo turno con il 19,3% e 7 milioni di voti, è l'unico leader della gauche in posizione di forza. Vuole la conferma alle politiche e punta a creare un suo polo di sinistra nel prossimo Parlamento, così da indirizzare l'agenda del presidente o metterlo nelle condizioni di non governare serenamente. Gli ecologisti di Eelv e i comunisti del Pcf sono già alla sua corte per studiare alleanze. Secondo un calcolo dell'Afp, basato sullo score di Mélenchon al primo turno, la sua Francia ribelle sarebbe infatti in grado di portare candidati ai ballottaggi in almeno 237 circoscrizioni su 577. En Marche!, con dei nomi in buona parte sconosciuti, non può dire lo stesso.
«Ci presentiamo con spirito di conquista, non di resistenza a Macron», spiega Manuel Bompard, eminenza grigia di Mélenchon. I candidati «ribelli» devono impegnarsi «moralmente». Disciplina di voto messa per iscritto anche per coloro che formeranno un'alleanza. Ovvero: quel che decide Mélenchon si vota. Messaggio agli ecologisti, che dopo aver sostenuto la disastrosa campagna del socialista Hamon sono alla corte della Francia Ribelle a chiedere «candidature comuni».
Anche tra i socialisti qualcuno chiede a Mélenchon di correre insieme. Si cercano candidature in comune a danno di En Marche!. E Le Pen? Oggi vanta solo due deputati. A giugno può ottenere una pattuglia tra «i 20 e i 50», stima Bruno Jeanbart, politologo di OpinionWay.
Se si guarda ai risultati del primo turno, spulciando le circoscrizioni, si scopre infatti che in 83 di esse il Fn ha superato il 30%. Per la prima volta dall'86, il Front National potrebbe formare un suo gruppo parlamentare. Allora c'era il proporzionale. Oggi, col maggioritario, sarebbe un record.
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