Non ci sono più solo gli stralli usurati, che fino a ora erano la principale pista nelle indagini sulle cause del crollo del ponte Morandi. Sul tavolo della Procura è arrivata un'altra ipotesi, consegnata da un ingegnere sentito dai magistrati come persona informata sui fatti: un rotolo di acciaio, caduto da un camion passato sul viadotto pochi secondi prima del crollo, potrebbe avere causato il disastro. Almeno secondo Agostino Marioni, ingegnere ex presidente della società Alga che si occupò dei lavori di rinforzo della pila 11 - quella venuta giù il 14 agosto era la numero 9 - nel '93. «In un primo momento avevo pensato che la causa del crollo del ponte Morandi fosse la corrosione degli stralli - ha raccontato ai pm - Poi vedendo alcuni video ho iniziato a ipotizzare che a far collassare il viadotto potrebbe essere stata la caduta del rotolo di acciaio trasportato dal camion passato pochi secondi prima». Secondo i calcoli portati dall'ingegnere ai magistrati «se il tir, che viaggiava a una velocità di circa 60 chilometri orari, avesse perso il rotolo che pesa 3,5 tonnellate avrebbe sprigionato una forza cinetica pari a una cannonata. Verificarlo è semplice: basta controllare se sulla bobina ci sono tracce di asfalto».
Marioni ha ricordato che 25 anni fa, quando si decise di rinforzare la pila 11, «anche la 9 e la 10 presentavano qualche problema ma in misura minore, di poco rilievo». Allora Autostrade, ha spiegato, decise di eseguire i lavori sulla 11 perché era la più critica: «Aveva problemi di corrosione legati a un difetto costruttivo. I cavi all'interno degli stralli di quella pila non vennero sistemati bene per cui il calcestruzzo non li aveva perfettamente avvolti. Per questo si sono corrosi».
La pista della bobina caduta dal tir andrà verificata. Eppure i periti nominati dal gip avrebbero già individuato la prova regina del livello di corrosione degli stralli che starebbe alla base del crollo: si tratta del reperto 132, che mostrerebbe un avanzato stato di corrosione dei cavi di acciaio all'interno dello strallo di cemento armato crollato del ponte Morandi. Non solo. Insieme con i consulenti della procura, hanno individuato altri due reperti da fare analizzare in un laboratorio svizzero già la prossima settimana. Si tratterebbe di una porzione dell'impalcato e delle «antenne», la parte superiore della struttura. In laboratorio verranno esaminati i materiali con cui sono state costruite e il loro stato di degrado.
E mentre lunedì e martedì in procura verranno interrogati gli ingegneri
della Spea, indagati con altre 19 persone, ieri il cardinale Bagnasco ha celebrato la messa a poche centinaia di metri dal ponte. Quindi ha deposto un mazzo di fiori sul moncone: «Genova si muove e non sta ad aspettare».
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