"Il Ponte sullo Stretto si farà. Basta anestetizzare il Sud coi sussidi"

Il viceministro delle Infrastrutture: "Opera necessaria per completare la rete Ten-T, adesso l'Italia si adegui"

"Il Ponte sullo Stretto si farà. Basta anestetizzare il Sud coi sussidi"

Onorevole Alessandro Morelli, viceministro delle Infrastrutture, la realizzazione del Ponte sullo Stretto è legata allo studio di fattibilità commissionato a Rfi. Ci può dire qualcosa?

«A Rfi è stato dato mandato di realizzare uno studio di fattibilità tecnico-economica finalizzato a valutare varie ipotesi progettuali. Sono stati trasferiti alla società 20 milioni dei 50 stanziati per lo studio. Ora Rfi si appresta ad avviare la gara per affidarne la redazione».

Se l'esito fosse negativo, il progetto sarebbe accantonato definitivamente?

«L'esito negativo è possibile, ma altamente improbabile visto che le due Regioni, la politica e il buon senso fanno propendere per la realizzazione dell'opera. Del resto, lo stesso gruppo di lavoro ministeriale ha rilevato l'esistenza di profonde motivazioni per realizzare un sistema di attraversamento stabile dello Stretto che si ponga in continuità con la rete Ten-T delle due sponde. Senza considerare che sono stati approvati numerosi atti parlamentari che impegnano il governo a realizzare l'opera».

Se l'esito fosse negativo, cosa dovrebbe rispondere l'esecutivo all'Ue che ha inserito quest'infrastruttura nel piano della rete Ten-T?

«È compito degli esperti dirci se il ponte debba essere a una o a più campate, ma che l'opera sia necessaria per l'Italia e l'Europa è un fatto assodato persino a Bruxelles: se qualcuno a Roma non l'ha capito, non è un problema nostro. La partita, quindi, si gioca tutta a livello nazionale».

Se l'esito fosse negativo, le opposizioni politiche alle grandi e piccole opere ne uscirebbero rafforzate?

«Con un conflitto in corso e con le macerie lasciate dalla pandemia, non è più tempo di opposizioni ideologiche e di pregiudizi ambientalisti che di green non hanno nulla. Il vicolo cieco in cui ci siamo infilati con la dipendenza energetica ne è la prova lampante. La gente ha ormai compreso quanto sia importante dotare l'Italia di infrastrutture moderne ed efficienti».

Gli oppositori del Ponte affermano anche che sia troppo costoso. Qual è la posizione del governo visto che non è nell'Allegato Infrastrutture del Def?

«La scelta attendista è un lascito del governo precedente, di cui abbiamo raccolto l'eredità. Anche in questo esecutivo ci sono sensibilità diverse, non lo si può negare. Il dato è che sono passati decenni e gli unici ad aver creduto davvero in quest'opera sono stati i governi di centrodestra. Per fortuna le elezioni non sono distanti. Sa cosa mi risulta incomprensibile? Che gli avversari dell'opera sono gli stessi che si spacciano per paladini del Sud. La loro miopia non ha confini: preferiscono anestetizzare il Meridione a suon di sussidi piuttosto che sostenere un'infrastruttura che potrebbe creare complessivamente 100mila posti di lavoro, oltre alle ricadute future, connettendo alle reti europee la piattaforma logistica naturale della Sicilia».

Non ritiene che il Ponte sarebbe il naturale completamento della linea Av Salerno-Reggio e del potenziamento dei collegamenti ferroviari Palermo-Catania?

«Sì.

Che senso ha viaggiare con l'alta velocità se poi per attraversare lo Stretto bisogna scendere dal treno e attendere il traghetto per la Sicilia? Stando ai dati pre-Covid, dallo Stretto transitano ogni anno 11 milioni di passeggeri, 800mila veicoli pesanti e 1,8 milioni di veicoli leggeri. Se si vuole davvero colmare il divario Nord-Sud, allora unire le due sponde è un dovere improcrastinabile».

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