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La popstar diventa leader giallorosso. Ma Salvini insiste: ddl Zan inadatto

Per il centrosinistra il tentativo di censura è stato un incidente "indegno e imbarazzante". Forza Italia però avverte: è un tema divisivo, serve un confronto corretto e democratico

La popstar diventa leader giallorosso. Ma Salvini insiste: ddl Zan inadatto

Fedez ovvero: della tempesta in un bicchier d'acqua. Questo almeno è il senso che ricava Matteo Salvini (bersaglio nemmeno tanto velato dell'invettiva del rapper) dalla ridda di voci e polemiche che si sono levate dopo che l'artista ha denunciato pressioni da parte dei dirigenti Rai per «ammorbidire» il suo intervento durante il concerto del Primo maggio. Per il leader leghista se la filippica di Fedez poteva essere contro chi osteggia il ddl Zan, la sua replica dopo il concerto è tutto un j'accuse ai vertici dell'azienda di Stato. Vertici, aggiunge il leader del Carroccio, «che non ho certo scelto io. Rai3 è notoriamente schierata a sinistra, le nomine in Rai non le ho fatte io, Letta e Conte sono di sinistra, si mettessero d'accordo loro». E in effetti sono in molti, a partire da Guido Crosetto (FdI) a ironizzare sul fatto che i dirigenti chiamati in causa dall'artista milanese sono espressione, almeno indiretta, dell'asse giallorosso, quello che ha sostenuto il Conte 2. In verità sono in molti a sospettare si sia trattata di una trappola «mediatica». D'altronde, fanno notare i più smaliziati, il cantante poteva comunque dire ciò che voleva visto che il programma tv era trasmesso in diretta. Semmai tutti hanno trovato quantomeno sospetto l'uso corrivo della registrazione telefonica.

Se Giuseppe Conte (solitamente molto distaccato dal dibattito politico) ha subito dichiarato la sua simpatia per Fedez («Io sto con lui. Nessuna censura»), il segretario della Lega smorza i toni e arriva a prendere le distanze dalle frasi omofobe citate da Fedez durante il concerto e attribuite a dirigenti leghisti. «Quelle frasi sono disgustose - dice Salvini, ospite di Domenica live su Canale 5 -. Chi augura la morte va curato e punito». Nel corso della trasmissione il segretario della Lega offre all'artista la possibilità di un confronto sul tema («magari in questo stesso studio tv») e aggiunge: «Un articolo del ddl Zan prevede il reato dell'istigazione alla discriminazione, quindi se dico che i bimbi devono avere un padre e una madre rischio la galera. Per noi si deve dare vita a una legge che inasprisce le pene per chi attacca in base all'orientamento sessuale, votiamolo anche domattina, una legge di tre articoli. Ma togliamo di mezzo i bambini e il processo alle idee». Il confronto politico deve essere sempre aperto e democratico. Lo sottolineano anche gli esponenti di Forza Italia. «Abbiamo già votato contro il ddl Zan, perché lo riteniamo sbagliato - spiega Roberto Occhiuto, capogruppo azzurro a Montecitorio -, garantendo come sempre accaduto in queste materie la libertà di coscienza per chi ha sensibilità diverse e legittime in un grande partito liberale come il nostro. Viva, dunque, la libertà di espressione. Viva, quindi, anche la libertà di critica a un provvedimento che rappresenterebbe, così la pensiamo noi, un passo indietro proprio sul piano della libertà d'espressione che Fedez dice di voler difendere».

La sua collega di partito, la senatrice Licia Ronzulli, poi si sofferma sul fatto che il contesto del concerto del Primo maggio era improprio per la polemica sul ddl Zan e che soprattutto mancava la possibilità di un contraddittorio corretto tra il rapper e il bersaglio della sua reprimenda, vale a dire il senatore Andrea Ostellari. «Conoscendo - aggiunge - il testo di Fedez, il direttore Di Mare, sponsorizzato da Di Maio, avrebbe quindi dovuto chiamare sul palco anche il senatore Ostellari. Così si sarebbe avuto un confronto che avrebbe fatto emergere come alcuni di quelli tirati in causa da Fedez sono stati espulsi dalla Lega proprio per quelle esternazioni».

E dall'altra parte? Teresa Bellanova (Italia viva) riassume tutta la vicenda come «una pratica di censura indegna», mentre Andrea Orlando parla di «situazione imbarazzante» ed evoca per l'azienda di Stato un progetto di riforma della governance.

Stessa cosa chiesta, peraltro, anche da Beppe Grillo.

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