Porte aperte per tutti ma i cattolici cingalesi non possono entrare

Invitati dalla diocesi di Trieste per una visita non hanno ottenuto il visto dall'ambasciata

Porte aperte per tutti ma i cattolici cingalesi non possono entrare

Rifugiati e clandestini che arrivano illegalmente con i barconi andiamo a salvarli con la navi della Marina e ce li portiamo a casa a nostre spese. Al contrario, se un gruppetto di cristiani dello Sri Lanka chiede regolarmente un visto per una «visita culturale e spirituale» con le garanzie di copertura dei costi e di rientro in patria di un vescovo rispondiamo picche. A tal punto che il presule di Trieste, Giampaolo Crepaldi, ha scritto all'ambasciatore italiano a Colombo definendo «stupefacenti» le motivazioni del mancato rilascio dei visti.

«Una cattiveria. Dall'ambasciata non ci rispondevano neppure per cortesia. I ragazzi cingalesi cristiani che avevamo invitato per una visita spirituale non sono terroristi e nemmeno immigrati che vogliono restare in Italia» sbotta con il Giornale padre Mario Michalik, che nello Sri Lanka è stato missionario e aspettava i giovani nella sua parrocchia di Trieste.

Sembra una barzelletta tragicomica, ma è la paradossale vicenda capitata alla diocesi del capoluogo giuliano e segnalata da Salvatore Porro consigliere comunale di Fratelli d'Italia. Il vescovo Crepaldi, ha chiesto fin da aprile il visto per 11 cattolici compreso un seminarista e due ex, che avevano seguito la stessa strada verso il sacerdozio. Il monsignore specificava in maggio che il gruppo ha «ricevuto un invito per una visita culturale e religiosa in occasione dell'anno giubilare». Ed elencava le visite previste «nel programma del pellegrinaggio alle basiliche di Roma, a quella di San Francesco d'Assisi e di Sant'Antonio da Padova». I confratelli dello Sri Lanka «soggiorneranno per due settimane nella città di Trieste e (...) parteciperanno ad un campo scuola caratterizzato da eventi religiosi e culturali (...) per poter arricchire la propria fede». Padre Michalik spiega che oltre al sostegno della curia «abbiamo organizzato fra i fedeli una raccolta fondi per ospitarli e garantire la copertura di tutte le spese. In marzo sono andato nello Sri Lanka proprio per selezionare giovani affidabili, che conosciamo. Allo scadere del visto sarebbero tornati a casa».

All'ambasciata italiana la strada per ottenere il visto si è dimostrata subito un'impresa impossibile.

Nel caso dei cristiani dello Sri Lanka, si legge nel copioso carteggio, «la diocesi si è impegnata in solido provvedendo alle spese di viaggio, vitto e alloggio e tale momento culturale e religioso doveva culminare con l'incontro in Polonia con il Santo Padre in occasione della Giornata mondiale della gioventù». Il prete di origine polacca sottolinea che «il vescovo ha garantito e certo non vuole portare immigrati clandestini in Italia. I cristiani non protestano mai. Forse per questo ci trattano così».

Dopo mesi di lungaggini burocratiche, in barba a garanzie ed assicurazioni, l'ambasciata non ha concesso il visto sostenendo in un modulo prestampato, che gli interessati non avrebbero «dimostrato di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno, sia per il ritorno nel paese di origine».

Nello stesso periodo abbiamo raccolto migliaia di profughi e clandestini in mare, senza battere ciglio, che arrivavano sui barconi non certo attraverso una regolare richiesta di visto. Padre Michalik spiega che «ai ragazzi di vent'anni, che non sono mai stati a Trieste chiedevano dettagli su dove avrebbero soggiornato, che non potevano conoscere. Un prete tamil che pure voleva garantire è rimasto offeso dall'interrogatorio poliziesco subito in ambasciata».

Il cancelliere vescovile Don Giorgio Petrarcheni ha scritto all'ambasciatore italiano spiegando che «da parecchio tempo sono alle prese con diverse difficoltà burocratiche, tanto che il viaggio di un gruppo di giovani dello Sri Lanka invitati dalla nostra diocesi per uno scambio culturale/religioso nell'ambito dell'anno della Misericordia voluto da papa Francesco, è stato più volte spostato».

Nonostante le garanzie del vescovo, secondo il modulo prestampato dell'ambasciata, che decreta il no alla domanda, «le informazioni fornite per giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno non sono attendibili».

Il primo agosto monsignor Crepaldi ha preso carta e penna inviando una lettera di fuoco all'ambasciatore a Colombo, Paolo Andrea Bertorelli. «La cosa peggiore è stato sicuramente il diniego del visto ai giovani srilankesi con delle motivazioni a dir poco stupefacenti - scrive il vescovo - che insinuano il dubbio circa le spese di viaggio, vitto e alloggio ed il rientro in Sri Lanka. È stata messa in discussione la serietà della proposta della Diocesi di Trieste». L'assurdo è che sono migliaia i migranti che ospitiamo ogni giorno a spese nostre, anche se alla fine non otterranno l'asilo o dovrebbero venir rimpatriati.

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