A 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri, vedete quanto poco occorra per far felice questa serva Italia, di dolore ostello, oggi più che mai nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello. Matteo Renzi lo ha capito d'istinto, con quella baldanza che può derivargli solo dall'incoscienza e dalla scoutistica «voglia di giocare». Con il suo piffero magico, diciamo pure un'ocarina, suona agli abitanti dell'imbruttito Belpaese la musica che essi vogliono sentirsi suonare. Per questo piace molto anche agli industriali in genere, i quali a mezza bocca ti confidano che sì, tutto sommato non vale proprio un cazzo ciacole a parte questo premier «cazzaro» e «cazzone», ma, un nanosecondo appresso, s'interrogano smarriti: «D'altronde chi altro mettere al posto suo? In questo momento, è il meno peggio che abbiamo». Di Renzi, così come dei comprimari che lo attorniano nel circo Barnum della politica italiana, anche i più critici hanno avuto modo di apprezzare un'unica dote, ma assai ragguardevole: la loquela. Purtroppo già Ezra Pound aveva osservato come l'incompetenza si manifestasse con l'uso di troppe parole. E pure Benito Mussolini restiamo in famiglia ripeteva sempre, appropriandosi di un pensiero di Giosuè Carducci: «Colui che potendo dire una cosa in dieci parole ne impiega dodici, io lo ritengo capace delle peggiori azioni». Parole, parole, parole, come ha deplorato Papa Francesco, non proprio un incompetente in materia, arrivando a citare Mina durante un'omelia. Già, persino il Sommo Pontefice ha imparato a recitare con studiato sussiego: sillaba i concetti più elementari con l'enfasi di un attore consumato e non manca di ricorrere, all'occorrenza, a sottolineature gigionesche (altro che il rude Wojtya, attore per davvero negli anni della gioventù, che Dio l'abbia in gloria!). La balorda commedia va in scena ogni giorno sui mass media nella generale indifferenza degli italiani, rassegnati alle miserie di un Paese dove i loro rappresentanti sono stati prescelti con un sistema elettorale denominato addirittura Porcellum, ormai assuefatti al regresso di quelle qualità morali e intellettuali che per generazioni e generazioni guidarono i loro antenati. Chi avrebbe le doti per dare una drizzata alla nave in gran tempesta se ne sta alla finestra o si è già ritratto disgustato dal balcone, per la paura di sporcarsi, insieme con le mani, anche gli occhi. Chi sta sulla tolda si guarda bene dall'andare a suonargli il campanello di casa per convocarlo a un'assunzione di responsabilità, per indurlo a porsi al servizio della collettività.È un inesorabile decadimento antropologico, innanzitutto, la perdita irreversibile delle migliori peculiarità della «pianta uomo», quella che un tempo, secondo il Guicciardini, cresceva più rigogliosa nel giardino Italia. Si stanno guastando persino le gonadi: il testosterone, il più attivo degli ormoni androgeni, fondamentale per la virilità e la riproduzione, dopo un'evoluzione durata almeno tre milioni di anni aveva raggiunto un livello medio nel sangue di 12 millimole per litro, ma in meno di quarant'anni è sceso a 4,1, una riduzione del 65 per cento, e continua a scemare. Non si fanno più figli: nel 2014 il numero delle morti nell'ex Belpaese ha superato per la prima volta di quasi 100.000 unità quello delle nascite, come nel biennio 1917-1918, ma allora era in corso la Grande guerra.(...) Manteniamo al potere «manteniamo» nel senso più prosaico del termine una mandria di euroburocrati senzadio che non credono in nulla, a parte che nei loro interessi, e sono guastati dai medesimi difetti di fabbrica spacciati per pregi: tutti anglofoni, tutti con una laurea conseguita a pieni voti, tutti con un master rilasciato dalle migliori università anglosassoni, tutti cresciuti in McKinsey o in Goldman Sachs, tutti azzimati, tutti fasciati nei loro abiti d'impeccabile taglio sartoriale, tutti abituati a volare in business class, tutti frequentatori di ristoranti pluristellati dove si pasteggia solo a grand cru, tutti clienti dei migliori alberghi, in attesa di farsi una penthouse in ciascuna delle capitali dove atterreranno con i loro jet privati, trovandovi un paio di prostitute russe d'alto bordo ad attenderli. È un campionato mondiale, ormai, che per numero di persone coinvolte vede l'Italia vincente, dal momento che qui sono in moltissimi a rubare, magari poco, mentre altrove, dalla Germania all'Inghilterra passando per la Francia fino ad arrivare negli Stati Uniti, sono in pochi a rubare moltissimo.Possiamo anche vantare l'anomalia di uno Stato dove i Comuni sono oltre 8.000, tre volte di più che negli Usa; il numero dei parlamentari è quasi doppio rispetto a quelli americani; 250.000 cittadini campano solo di politica (ma secondo uno studio della Uil sarebbero addirittura 1,3 milioni, con un costo per la collettività pari a 24,7 miliardi: 406 euro l'anno per ciascun cittadino, lattanti compresi), con l'aggravante che 100.000 di essi non sono nemmeno scelti dal popolo, ma cooptati in 16.000 fra istituzioni ed enti per gentile concessione degli eletti che menano il torrone.Quasi quasi si finisce per rimpiangere la monarchia. «Almeno, non essendo tributario di nessuno, il re era davvero super partes», mi ha ricordato il professor Pierluigi Duvina, presidente della Consulta dei senatori del Regno, un pediatra fiorentino che a 20 anni si fece in tre giorni Firenze-Cascais (2.500 chilometri) in sella a un motorino Nsu per raggiungere Umberto II nell'esilio portoghese. «Il re non è ricattabile, non deve concedere favori per essere eletto o rieletto, quindi può impedire la corruzione, perché il suo interesse coincide con quello della nazione che incarna». E mi ha citato il fulgido esempio di Vittorio Emanuele III, che al Convegno di Peschiera del Garda dell'8 novembre 1917, convocato dopo la disfatta di Caporetto, offrì per pranzo agli undici statisti italiani, inglesi e francesi colà convocati solo una fetta di carne fredda e un uovo sodo ciascuno. Non ha saputo invece circostanziarmi se il sovrano fosse arrivato nella località lacustre in treno, in auto, sul cocchio reale.
Oppure in bicicletta, come Renzi prima di farsi nominare presidente del Consiglio, mentre adesso s'è comprato un Airbus A340 per viaggi a lungo raggio senza scalo tecnico, dotato di wi-fi, sala riunioni, camera da letto matrimoniale e altre comodità, al modico costo medio, in leasing, di 800.000 euro a settimana, pari a quasi 42 milioni l'anno, ai quali vanno aggiunti i 150.000 euro sperperati in un solo week-end per andare a gustarsi la finale femminile dell'Us Open di tennis a New York.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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