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È la povertà la madre di tutti i razzismi

L'esplosiva situazione americana ci sia di insegnamento. Il razzismo è un piccolo seme che riguarda tutte le culture e le stirpi

È la povertà la madre di tutti i razzismi

Attenzione, calma e sangue freddo. Non bisogna fare gli apprendisti stregoni. Parlo di razzismo. É una bestia orrenda, va estirpata subito, dentro un percorso di verità e non di ipocrisia, ma guai a innaffiare la pianta carnivora che mangia la pace in casa e nelle città e paesi. Mi riferisco al caso di Fermo in Italia e a quello che accade in America e che rischia di diventare «guerra civile» come titola un giornale di Washington.

Il razzismo è un piccolo seme che riguarda tutte le culture e le stirpi. Nessuno ne è immune. In Africa concerne una etnia contro l'altra. Il nome di certe tribù e di certi popoli si può tradurre con «Noi uomini», e gli altri non lo sono. É un istinto che coincide nelle specie animali con la difesa del territorio vitale, dunque ha un suo perché. Ma noi non siamo animali. Eppure, proprio perché gli uomini hanno la ragione, questa posizione razzista si è infiltrata in Europa e in America con la cultura protestante e specialmente calvinista: chi ha la grazia è uomo, se la merita; pellerossa e neri sono senza grazia del battesimo, dunque rifiutati da Dio, bisogna schiavizzarli o estirparli.

Ora invece qualcosa è accaduto. Io credo sia stata la povertà, la mancanza di lavoro. Questo genera odio, e siamo portati a dare la colpa a immigrati e profughi invece che alle banche americane che ci hanno derubato di centinaia e centinaia di miliardi di euro, ai neri della Nigeria e del Senegal, invece che all'ottusità tedesca e alla sua austerità. Fino a poco tempo fa, ricordiamocelo, erano gli imprenditori specie del Nord-Est a chiedere manodopera forestiera. Poi l'allargamento dell'Europa a Bulgaria e Romania voluto da Prodi - ha spinto alla delocalizzazione, e alla perdita di lavoro specie per gli immigrati, che oltretutto continuano ad arrivare. Da qui le tensioni, che la brava gente non trasforma in insulti, ma qualcuno lo fa. Non parteggiamo per lui, però. Non rinunciamo a noi stessi, alla nostra umanità.

Lo sappiamo cosa è successo a Fermo. Un idiota è sbottato con una ingiuria infame (scimmia africana o qualcosa del genere) contro una bella donna nigeriana, già perseguitata dai terroristi islamici e dagli scafisti, che le hanno portato via tutto. Il marito, come tutti gli innamorati del mondo, si è ribellato. Ha mosso le mani, sbagliando. L'altro sconfitto, si è rialzato e alla fine l'ha colpito alle spalle, vigliaccamente: omicidio. Questo dicono le ricostruzioni.

Non ricamiamo su questa vicenda prendendo le difese a priori del colpevole. Ci penseranno gli avvocati e i giudici. Non esasperiamo l'episodio pitturando di razzismo l'Italia che fatica ad accettare la presenza di tanti stranieri. La politica ha il compito di spegnere le tensioni non di aizzarle.

L'esplosiva situazione americana ci sia di insegnamento. Ci segnala l'instabilità globale, tanto più preoccupante perché non riguarda soltanto gli scenari bellici dello scontro con il terrorismo islamico, ma è nel cuore dell'impero che finora ha retto l'equilibrio del mondo. E non per un attacco esterno, ma proveniente dalle sue viscere.

Guai oggi a gettare nella pentola delle convulsioni sociali le polveri esplosive del razzismo, cosa che anche in Italia si sta verificando: evitiamolo.

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