Roma - Matteo Renzi torna alla carica contro la «accozzaglia del No» («Anzi, la coalizione, perché se dico accozzaglia si offendono») e manda un ennesimo avvertimento sul dopo referendum: «Sapete perché dicono No, quelli che fino a ieri sostenevano la riforma del bicameralismo come D'Alema?», chiede. E si risponde: «Perché loro pensano che con questo voto possono tornare a un sistema in cui si possono fare inciuci in Parlamento. Per questo non sarò della partita, in caso le cose vadano male».
Non sarà della partita: il premier ribadisce con sempre maggiore chiarezza quella che era stata la sua promessa iniziale, quando aveva dichiarato che in caso di sconfitta delle riforme si sarebbe dimesso da capo del governo. E spiega: «Se volete una classe politica aggrappata alla poltrona e che non cambi mai prendetela, perché io non sono così. Io sto qui se posso cambiare le cose. Non sto qui aggrappato al mantenimento di una carriera. Non ho niente da aggiungere al curriculum vitae». Del resto, ripete, «io non sono adatto a gestire governicchi capaci solo di galleggiare: si accomodino quelli che ci tengono». È un buon argomento di propaganda per chi, tra i moderati come tra gli elettori grillini, teme una fase di instabilità politica ed economica e - ricordando l'esperienza Monti - vede come la peste la prospettiva di governi «tecnici» più o meno impotenti. Ed è anche un messaggio a chi - dal Quirinale al nutrito fronte dei suoi avversari - pensa o dice che Renzi dovrebbe restarsene a Palazzo Chigi.
Tra un'intervista radiofonica e una riunione di governo, il premier ritaglia un'oretta del suo pomeriggio per sottoporsi, in diretta Facebook, alle domande dei cittadini. E coglie l'occasione per replicare alla nuova intemerata di Beppe Grillo, che strilla dal blog che chi è per il Sì alle riforme è un «serial killer». «Non ci cascate», dice Renzi: «Grillo, che è uno straordinario professionista della comunicazione, dice che noi siamo i serial killer e tutti rispondono. Ma il suo obiettivo è quello di oscurare i casi che stanno mettendo in gran difficoltà i Cinque Stelle: il reato delle firme false emerso a Palermo e forse altrove, e l'affittopoli delle case pagate con i soldi del Senato allo staff della comunicazione M5s». Insomma, spiega, quella delle accuse belluine dell'ex comico agli avversari «è una tecnica: siccome sotto il profilo comunicativo sono all'angolo, Grillo inventa una frase a effetto cosicché tutti cadano nel tranello e si ottiene il risultato che lui vuole, ossia nascondere la realtà».
Nel dibattito sempre più acceso sul voto del 4 dicembre, dagli schermi di Porta a Porta, interviene anche l'ex presidente Napolitano, che si dice «disgustato» da una campagna elettorale «aberrante» e bacchetta tutti, da Renzi al fronte del No: «Non si vota per giudicare Renzi, per quello c'è il voto politico. E non si vota neppure per alcune delle motivazioni che il premier dà liberamente, come tagliare le poltrone o il numero dei parlamentari. Si vota, e io voterò Sì, per ridare potere e limpidezza al Parlamento e avere un sistema istituzionale più efficiente».
Intanto la minoranza del Pd cerca di usare il caso De Luca per proseguire la guerriglia interna contro Renzi: la senatrice civatiana Lucrezia Ricchiuti annuncia che chiederà alla Commissione nazionale di garanzia del partito, di cui è membro, di aprire una procedura contro il
governatore della Campania, per ottenere sanzioni disciplinari: «Prima le parole contro Rosy Bindi, poi le dichiarazioni davanti ai sindaci campani: fatti gravissimi, deplorevoli, un danno d'immagine per il Pd e una vergogna».
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