E in attesa del terzo nome, ecco a voi il secondo giro. Calendario fitto, incontri a raffica, una certa fretta che traspare. Subito, già domani, Sergio Mattarella vedrà tutti i partiti, dai più piccoli al più grande, cioè M5s, e cercherà di stringere. Venerdì invece riceverà le cariche istituzionali, i due presidenti delle Camere Elisabetta Casellati e Roberto Fico, e il capo di Stato emerito Giorgio Napolitano, per poi trarre in serata il bilancio ufficiale del nuovo round di consultazioni. Si prevede un altro buco nell'acqua.
E a quel punto, che farà? Un ulteriore giro d'orizzonte? Darà un mandato esplorativo? Troverà un mediatore? A Montecitorio si parla molto della possibilità che scenda in campo un «terzo uomo», una figura neutrale che metta d'accordo grillini e leghisti, con o senza Forza Italia. Dal Colle non escludono l'ipotesi, ma spiegano che sarebbe praticabile soltanto a due precise condizioni. Primo, che si resti nel perimetro dei «prevalenti» del 4 marzo, Carroccio e Cinque stelle. Secondo, che siano Salvini e Di Maio, gli aspiranti al Soglio, a chiederlo: il capo dello Stato almeno per ora «non farà nessun nome».
Altri sussurri di Palazzo sostengono che il presidente, preoccupato per la presa di potere dell'asse populista e per le sue ripercussioni sull'Europa e i mercati, stia lavorando per un'intesa tra M5s e Pd. Ad alimentare le voci il calendario delle consultazioni: l'ultimo partito a sfilare alla Vetrata in genere è quello più consistente. Perché allora non lasciare quella posizione privilegiata al centrodestra, che ha più parlamentari di tutti? Perché, è la risposta, contano i gruppi costituiti e il centrodestra è una coalizione di tre gruppi. Si tratta dunque di «una scelta protocollare che non dà indicazioni sulle intenzioni future del presidente». E poi, al di là della maggioranza risicata che potrebbero avere Pd e grillini, Mattarella vuole quindi «rispettare le indicazioni» degli italiani e non farà «forzature».
Visto dall'ottica del Colle, al momento l'accordo tra M5s e Lega resta «lo scenario più probabile». Certo, ci sono molte difficoltà, a cominciare dai rapporti con Silvio Berlusconi, che Di Maio non intende nemmeno incontrare e che Salvini non può o vuole mollare: a fine mese ci sono le elezioni in Molise e Friuli. Nell'ultima settimana non ci sono stati passi avanti, solo polemiche. Mattarella domani li rivedrà e proverà comunque a reindirizzare il tentativo di intesa.
Soltanto se proprio non funziona, e se saranno loro ad arrendersi all'evidenza, in un secondo o terzo tempo il capo dello Stato passerà al piano B, il governo del presidente. Ma, anche qui, dovranno essere Salvini e Di Maio a domandarlo perché lui non ha intenzione di tradire la volontà popolare. Ossia, se e quando i leader di Lega e Cinque stelle, dopo aver conclamato l'impossibilità di mettersi insieme alla guida del Paese, saliranno sul Colle per chiedere aiuto, beh, allora Mattarella dovrà fare la sua mossa. Il piano B.
Prospettive lontane, il Quirinale si muove ancora con l'idea di mettere in piedi un governo incardinato in un patto Lega-M5s. Ma allo stato nessuno dei due vuole un preincarico perché ha paura di bruciarsi. Serve altro tempo? Verrà concesso, settimane però, non mesi. Non c'è fretta, ma è opportuno che al vertice Ue di fine giugno l'Italia si presenti con un premier nel pieno delle sue funzioni.
Il sospetto è che dietro la richiesta di tempo ci sia la voglia segreta di tornare alle urne. Ma su questo punto Mattarella non cede: nuove elezioni non sposterebbero gli equilibri e complicherebbero le cose. La finestra estiva è già a chiusa, in autunno c'è la Finanziaria. Se ne riparla semmai nel 2019.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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