Il prezzo del referendum: nuove tasse per 8 miliardi

È il conto delle mance elettorali promesse da Renzi Resta l'incertezza su tagli e bonus per figli e imprese

Il prezzo del referendum: nuove tasse per 8 miliardi

La seconda audizione parlamentare del ministro Pier Carlo Padoan un pregio l'ha avuto. Ha fatto chiarezza sulla composizione della manovra che il governo si appresta a varare. Tra le cifre contenute nelle tabelle consegnate dal ministro ai parlamentari, ci sono ad esempio i dati aggregati di entrate e tagli alle tasse. Cioè la misura delle risorse in più che entreranno nelle casse dello Stato grazie alla legge di Bilancio. Coperture per le misure previste dal provvedimento, comprese quelle fortemente sospette di essere mance elettorali per il referendum. Il dato importante è che le tasse battono i tagli alla spesa uno a quattro. Non sarà il governo Renzi, insomma, a fare cambiare verso alla politica economica di tradizione italiana incentrata sul tassa e spendi e che, quando c'è da scegliere tra una stretta fiscale e un taglio alle spese della Pa, preferisce la prima.

Le coperture della manovra per il 2017 prevedono «coperture aggiuntive» per mezzo punto di Pil. Sono 8.507 milioni di euro. Otto miliardi e mezzo di entrate fiscali aggiuntive rispetto al 2016, delle quali 5,8 miliardi in «aumenti permanenti di gettito» e 2,68 miliardi in altre entrate. Cioè una tantum Queste ultime sono le risorse che arriveranno dalla riedizione della voluntary disclosure e altre misure. Più difficile definire le maggiori entrate permanenti. Il ministro ha accennato a meccanismi di emersione delle basi imponibili, di recupero permanente dell'evasione Iva. Poi nuove entrate da «concessioni governative» e «altre entrate.

Un miliardo delle nuove entrate si può escludere dal conteggio delle nuove tasse visto che si tratta di una partita di giro sugli incentivi alle imprese. Diminuisce la deduzione prevista dall'Ace, l'aiuto alle crescita economica, ma le risorse vengono stornate all'Ire, la nuova imposta sul reddito delle imprese. Ma il resto è poco definito, se non nella necessità di fare uscire dalle tasche dei contribuenti, imprese e famiglie, otto miliardi in più. Ancora più preoccupante il fatto che gli effetti della manovra si faranno sentire anche negli anni a venire, con un maggiore gettito per il 2018 di 7,2 miliardi e di 4 miliardi per il 2019. Senza considerare gli eventuali effetti delle prossime leggi di Bilancio.

Va meglio al settore pubblico in generale, visto che gli effetti della manovra sulla spesa sono ridotti. Il prossimo anno le coperture della legge di bilancio sotto forma di tagli alla spesa si attestano a 2.642 milioni di euro. 2,6 miliardi, che diventano 2,4 miliardi nel 2018 e 2,1 miliardi nel 2019. Spiegati come «un'ulteriore spending review e una revisione al ribasso di alcune voci di spesa», si tratta di tagli ai fondi ministeriali non utilizzati e, soprattutto, tagli lineari alle spese della Pa. Niente di definitivo. Il governo dovrà trovare le risorse anche per accontentare la maggioranza, che ha ufficializzato la richiesta di portare il deficit al 2,4% del Pil, passata ieri al Senato con 182 sì. Tra le richiesta, il bonus per le famiglie con più di due figli e sgravi selettivi per l'occupazione per preparare, dal 2018, il taglio del cuneo fiscale.

Intanto, l'esecutivo di Matteo Renzi avrebbe trovato un accordo con Abi e sindacati bancari per garantire un sostegno pubblico al Fondo esuberi dei bancari.

Proprio il premier aveva parlato a Cernobbio di possibile dimezzamento dei dipendenti delle banche (poco più di 300mila) e sia Bankitalia che Bce premono per un taglio del costo del lavoro. In questo autunno prereferendario istituti e sindacato hanno chiesto 150 milioni, ma Padoan vorrrebbe spender meno. L'obiettivo è gestire gli «scivoli» di almeno 50mila bancari.

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