Che si fa, tre colonne in cronaca? Anche meno, magari due, magari una breve... O anche di più, dipende... Solitamente, sui giornali è una questione di spazio. Invece questa volta è una questione di Tempo. Non dei miseri tempi redazionali, perché quelli lasciano sempre il minuscolo tempo che trovano, domani è un altro giorno, si vedrà. Ma questa volta si tratta di Tempo maiuscolo. Tanto, ma mai troppo, bensì sempre troppo poco. Anche dopo 93 e 92 anni. Anche dopo 67 anni. Anche dopo un battito di ciglia durato 4 ore.
Gli spazi di Primo e Anna erano minimi, una casetta da pensionato solo e disperato per lui e un letto d'ospedale da morente per lei. Ma il loro Tempo era stato così lungo da essere, visto da qui, visto da lontano, infinito: 93 anni per lui e 92 anni per lei. Bisognerebbe poi moltiplicare il tutto per 67, quanti sono gli anni che è durato il loro matrimonio. Ma il lutto non è come la matematica. È un'opinione, un sentimento, e come tale qualcosa da condividere, nella cattiva sorte.
Primo Bortolotto e Anna Mason sono morti lunedì scorso. a poche ore di distanza l'uno dall'altra, a San Marco, in quel di Treviso. In 67 anni di vita insieme, l'Alzheimer è stato l'unico che è riuscito a dividerli, aggredendo Anna come uno scippatore senza cuore. Per il resto, sempre insieme, sempre una cosa sola, come si usava una volta. La refurtiva dello scippatore, tutta Anna, tutto ciò che ne restava nel corpo e nella mente, giaceva da domenica sera nell'ospedale di Castelfranco. E Primo che doveva fare? Giaceva anche lui, a casa, dimezzato, squartato dal dolore. Sapeva ma non voleva crederci. Sapeva e ricordava ogni cosa: il suo lavoro da operaio e la sua malattia professionale (che brutta espressione, «malattia professionale», come se ci fossero al mondo malattie disoccupate, non ce ne sono, purtroppo); la sua Neta, come la chiamavano tutti, che lo aspettava la sera in cucina con la minestra quasi pronta, preparata al rientro dalla messa; la scomparsa del figlio Antonio, a soli 21 anni, nell'85, in un incidente stradale; le ore liete, bucoliche, poetiche, nell'orto, a raccogliere i frutti della serenità per donarli agli altri figli e ai nipotini. Tutto, come in un film, correva sotto gli occhi pesanti e velati di Primo.
Lunedì verso le 19,45 il velo è diventato un telo nero, un sipario abbassato. Primo ha detto «basta». La corrente non c'era più perché Anna non c'era (quasi) più e lui ha staccato la spina. Naturalmente nessuno l'ha detto ad Anna. Nessuno fra gli umani, intendiamo. Invece la Natura, che sa essere pietosa e disumana insieme, ha sussurrato all'orecchio di Anna la notizia.
Quattro ore dopo, minuto più, minuto meno, all'ospedale di Castelfranco si è liberato un letto. Anna, come Primo, non aveva più ad alimentarla la corrente dell'amore, quella cosa che dà la scossa e percuote, che ti tiene in piedi e ti manda gambe all'aria. Quella cosa che, come il Tempo, non basta mai.
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