Nessuna photo-opportunity: così l'ultima immagine che li ritrae insieme resta quella che fece storia, con il gelido scambio di campanella a Palazzo Chigi.
Enrico Letta e Matteo Renzi sono tornati ad incontrarsi ieri, dopo più di un lustro di relazioni interrotte. Il neo-segretario Pd non ha fatto fare annunci alla stampa, così nessun fotografo o cronista era appostato ieri nei pressi dell'Arel, il centro studi fondato da Beniamino Andreatta ed ereditato da Letta, che ne ha fatto il quartier generale dei suoi meeting con i leader degli altri partiti. Quello con Renzi è stato il penultimo, ora manca solo l'arcinemico Matteo Salvini.
Entrambi hanno fatto trapelare messaggi ufficiali di pacificazione che archiviano i rancori passati, e insieme frecciatine che ricordano che la distanza tra i due resta tutta. Matteo Renzi, all'uscita, ha riservato parole di stima e apprezzamento all'ex rivale: «Sta cercando di fare un lavoro molto serio nel Pd e gli faccio di cuore i miei auguri, non è un'impresa semplice. E con lui il partito ha finalmente cambiato posizione: prima era o Conte o morte, ora c'è un grande sostegno a Draghi».
Ma il capo di Italia viva ha anche disseminato più di un ostacolo sul cammino di Letta. Il primo sulle alleanze: Iv non ha sondaggi favorevoli, ma nella grande partita delle comunali d'autunno (Roma, Napoli, Torino, Milano, Bologna) anche i suoi voti possono diventare determinanti per vincere. E Renzi ha subito messo in chiaro che sull'alleanza «strategica» con M5s, perseguita dal Pd, è in disaccordo: «Al posto di Letta non farei accordi nelle città con i grillini, che nei Comuni hanno fallito ovunque». La recente esperienza delle Regionali non depone bene: dove Pd e M5s si sono uniti, hanno perso clamorosamente. Il secondo ostacolo si chiama Bologna: Renzi ha fatto sapere di aver proposto un candidato (anzi, una candidata) sindaco per la città, dove il Pd sta litigando da settimane sui nomi. Ben sapendo che mettere in pista una donna può far scoppiare le contraddizioni del Pd lettiano, così attento alla questione di genere da aver cambiato entrambi i capigruppo. «Vogliamo fare una cosa seria? - dice Renzi - Chiediamo all'avvocato Isabella Conti di candidarsi. È la sindaca di San Lazzaro di Savena (Comune della cintura bolognese, ndr), è bravissima e competente. Bussiamo insieme alla sua porta e chiediamoglielo». La Conti, esponente di Italia viva, la porta non la chiude: «Da settimane me lo stanno chiedendo in molti, e ho promesso che ci avrei pensato». E sottolinea: «In nessun capoluogo il centrosinistra sostiene una candidatura femminile, questo impone una riflessione vera. Sono tanti gli esponenti Pd che mi rammentano le parole del segretario Letta, che stimo, sull'impegno delle donne». La sfida al Pd è lanciata, e i contraccolpi sono immediati, con esponenti dem locali che reclamano la «autonomia dei territori rispetto alle diatribe nazionali» o che (come a Napoli) accusano Renzi di voler «danneggiare» le relazioni con M5s. Letta frena: «Mi sono limitato ad ascoltare le idee di Renzi, ma saremo noi a decidere».
La partita per il Campidoglio resta la più delicata. In settimana Letta dovrebbe avere l'ultimo, decisivo abboccamento con Nicola Zingaretti, la cui scesa in campo potrebbe essere risolutiva. Ma chi ha parlato con l'ex segretario non è ottimista sull'esito.
La via d'uscita potrebbero essere le primarie, con l'ex ministro Gualtieri favorito. Ma Carlo Calenda ha già fatto sapere che resterà in pista anche contro il candidato dem, e Renzi lo benedice: «È preparato, competente, conosce Roma: lo voterei a occhi chiusi».
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