La priorità della sinistra: «Dare affetto ai carcerati»

La «stanza dell'amore» promossa dai familiari dei detenuti: «Scelta di civiltà». Ma la Lega insorge: «Un bordello in galera»

Davanti al carcere Due Palazzi di Padova ci sono la figlia e la moglie di un ergastolano. Sono emozionate. Ma determinate: «Oggi è un giorno speciale», ci dicono. Tra qualche minuto parleranno via Skype con i parlamentari della commissione Giustizia che hanno dato il via all'operazione «stanze dell'affetto». L'amore di una figlia e l'amore di una moglie per un uomo che ha sbagliato e che sta pagando il proprio debito con la giustizia. Due testimonial ideali per una «scelta di civiltà», che però la Lega ha subito bollato come «totale follia».

Il cancello del carcere di Padova si spalanca, le donne entrano nel luogo delle loro angosce. Ma anche, da oggi, delle loro speranze.

Inizia così l'iter per la realizzazione di «locali idonei dove i detenuti possano intrattenere rapporti affettivi senza controllo visivo». La proposta di legge porta la firma del deputato padovano del Partito Democratico, Alessandro Zan. È lui l'organizzatore di una videoconferenza «storica»: per la prima volta dei detenuti (con i loro cari) si collegano direttamente con il Parlamento.

Un miracolo che poteva avvenire solo in un carcere modello come quello padovano, dove gli «orizzonti» sono tutt'altro che «ristretti». Si chiama cosi - «Ristretti orizzonti» - il centro di documentazione che ha trasformato, insieme alla Cooperativa Giotto e all'Associazione Granello di Senape, decine di detenuti in lavoratori a tempo pieno: la dimostrazione che il carcere, come strumento di rieducazione e reinserimento sociale, non è una chimera, ma può diventare realtà.

Dopo il call center, il laboratorio di pasticceria, il laboratorio artigianale che crea valigie e manichini, ora è la volta di un altro esperimento; se anche questo sarà destinato al successo (come i precedenti), lo vedremo in futuro. Ma il percorso legislativo per le «stanze dell'affettività familiare» si preannuncia accidentato: su un tema simile demagogia e strumentalizzazioni sono pronte infatti a vanificare anche le migliori idee. E non c'è dubbio che questa che - impropriamente - è stata battezzata la «cella del sesso», rappresenti un progetto condivisibile. Se non fosse che a sinistra hanno subito cominciato a cavalcarlo come se fosse una «priorità del Paese», mentre a destra già si è iniziato a demolirlo senza neppure conoscerne i dettagli.

Le «stanze dell'affettività» prevedono una visita al mese che può durare dalle 6 alle 24 ore.

«Un tempo in cui non penseremo certo al sesso - spiega al Giornale la moglie di un detenuto -, ma a ristabilire un'intimità che i colloqui tradizionali, sotto l'occhio vigile degli agenti di custodia, non possono certo garantire. Ambienti in cui avranno accesso le persone più vicine. Illudendosi che quella stanza possa, almeno per un po', trasformarsi nel salotto di casa di un uomo “libero”». Obiettivo: ricreare, per ciò che è possibile in un carcere, il calore di un ambiente riservato, l'intimità di una relazione interpersonale. La proposta dell'onorevole Zan è stata sottoscritta da altri 20 parlamentari di vari partiti, ma la polemica è dietro l'angolo. Nicola Molteni della Lega Nord, su Facebook ha accusato la proposta di legge di «trasformare il carcere in un bordello».

Ma Zan chiarisce: «Il sesso non c'entra nulla, qui stiamo parlando di altro. Un detenuto è giusto che venga punito perché ha commesso un reato, ma non è giusto che sia punita anche la famiglia. Sono luoghi dove ci potrà essere sicuramente un bacio, degli abbracci, delle carezze affettuose, ma nulla di più.

Esistono già nelle carceri di tutta Europa luoghi di questo tipo, è un diritto di civiltà, solo in Italia non esistono».

«Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione», sosteneva Voltaire. Forse aveva ragione.

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