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"Il problema è lo Stato imprenditore. E alla fine pagheranno i contribuenti"

L'economista: "Invece di attrarre i privati stiamo tornando agli anni '70"

"Il problema è lo Stato imprenditore. E alla fine pagheranno i contribuenti"

Nel giorno della maxi-sentenza su ex Ilva, non cambiano i problemi che potrebbero affliggere nell'immediato futuro uno dei poli industriali più importanti d'Italia. Così, poco prima della scure della magistratura e delle richieste di sequestro effettivo dell'impianto da parte della politica, c'è stato l'ennesimo accordo, sottoscritto dal governo giallorosso, che prevede un deciso intervento pubblico nella siderurgia a Taranto. Per Andrea Giuricin, economista dell'Istituto Bruno Leoni e dell'Università Bicocca di Milano, il nodo della questione sta proprio nell'invadenza di quello che lui chiama «lo Stato imprenditore».

Ci mancava soltanto che alcuni politici, come il governatore pugliese Michele Emiliano, dopo la sentenza di ieri chiedessero il blocco immediato di alcune attività dell'ex Ilva

«Davvero, ci mancava solo questo (ride). Il vero problema è quello di uno Stato imprenditore che entra direttamente nelle aziende. Negli ultimi anni abbiamo visto come lo Stato sia entrato prepotentemente nelle imprese, checché ne dica chi pensa che l'Italia sia un paese liberista».

Invece stiamo tornando all'acciaio pubblico come negli anni '70.

«Sì, stiamo tornando indietro. Lo vediamo tutti i giorni con Alitalia, con Atac e anche con l'Ilva. Però non siamo più nel mondo degli anni '70. Viviamo in un mondo aperto e competitivo, dove lo Stato dovrebbe dare solo una cornice di regole efficienti non gestire direttamente».

Alcuni studiosi però pensano che un intervento pubblico temporaneo possa servire.

«Al temporaneo ci credo poco. Sappiamo bene che in Italia il temporaneo diventa definitivo. Infatti abbiamo fatto scappare i privati, uno dei più grandi imprenditori nel campo dell'acciaio, quando invece l'unica alternativa sarebbe stata continuare sulla via della crescita. Ora come risultato abbiamo perdite da mezzo miliardo l'anno».

Queste perdite peseranno sulle tasche dei contribuenti?

«Alla fine pagheranno tutto i contribuenti con più tasse, come è successo con Alitalia e in altri casi».

Autostrade passa a Cassa Depositi e Prestiti.

«Il pubblico diventerà gestore di Autostrade, un'altra scelta presa dal governo precedente, come quella su Ilva. Mentre Draghi ha parlato di uno Stato regolatore, non imprenditore».

Allora c'è speranza di un'inversione di rotta?

«Purtroppo, anche su Ilva, si tratta di accordi già presi. Con Invitalia che dall'anno prossimo deterrà la maggioranza delle acciaierie di Taranto. Bisogna dire che quest'anno è anche il più difficile per mettere sul mercato l'azienda, colpa della crisi della pandemia, la più grave dalla seconda guerra mondiale. Magari tre o quattro anni fa avremmo potuto vendere e non l'abbiamo fatto. Adesso è più complicato».

La soluzione quindi sta nell'attrarre gli investitori privati?

«Quello che sta accadendo è paragonabile a uno Stato socialista. Mentre la soluzione sarebbe attrarre investimenti e rendere il Paese davvero competitivo. Ci penalizza anche l'incertezza giudiziaria e la lunghezza dei processi, che sono un problema per le aziende.

Una riforma della giustizia servirebbe anche a renderci più competitivi sul mercato e forse se n'è accorto anche Di Maio».

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