Il processo ai big di San Marino ​punta dritto ai politici italiani

Questa Tangentopoli ha messo sotto accusa 30 anni di potere locale della Dc. Ma nella Rocca sono convinti che il vero obiettivo sia un altro: "Arriveranno a voi"

Il processo ai big di San Marino ​punta dritto ai politici italiani

«Qua non esiste un'opinione pubblica. E a comandare sono sempre gli stessi, gli stessi cognomi, le stesse facce. Adesso li stanno spazzando via ma è colpa loro. Io aspetto solo di andarmene». Biljana Baruca fuma una Marlboro dietro l'altra, nella notte di San Marino. Era la donna di Claudio Podeschi, democristiano, per vent'anni l'uomo più potente del Titano: da una parte la famiglia ufficiale, dall'altra la slovena alta e dagli occhi duri. Quando è caduto lui, ha trascinato anche lei. Anche lei un anno e due mesi di carcere, nei loculi del convento adattati a celle. Adesso è sotto processo anche lei per riciclaggio insieme a Podeschi e agli altri ex potenti. Le hanno dato il divieto di espatrio, da una nazione dove non ci sono confini, e alcune case hanno la cucina in Italia e il bagno a San Marino. La bella e rabbiosa Biljana aspetta di andarsene. Ma gli altri, i 33mila cittadini di questo Stato un tempo glorioso, come assistono al crollo del potere che hanno votato per oltre 30 anni, e che li ha cullati in un welfare reso possibile solo dai soldi senza nome che approdavano nelle sue banche? In un singolare passaggio del mandato di cattura eseguito sabato contro l'ex capo dello Stato Gabriele Gatti, i giudici sembrano plaudere e quasi incitare alla sollevazione popolare: «La miscela scaturita dalle prime indagini era indiscutibilmente incandescente, e con puntualità essa è esplosa, scuotendo la società civile dall'apatia che l'avvolgeva. Un inatteso moto di protesta spontanea contro la vecchia politica ha coinvolto vasti settori sociali, per lo più emarginati dalla trama degli scambi politici che i partiti di governo avevano tessuto intorno a sé».

Ma di questa indignazione diffusa, in questo borgo dove ci sono solo banche e negozi di souvenir si faticano a cogliere le tracce. Il vecchio sistema consociativo spargeva favori e benessere, e chi e come prenderà il suo posto ancora non si sa. La retorica dello Stato-nazione è forte, e ieri il giudice Gilberto Felici apre le udienze contro il vecchio Gotha con la formula «nell'anno 1715 dalla fondazione della Repubblica», ma la realtà è meno gloriosa. Il potere di San Marino celebra la sua Todo modo in un ottobre torbido e denso di veleni. Scrivono i giudici nell'ordine di cattura contro Gabriele Gatti: «In un contesto in cui il radicamento sociale dei partiti s'era allentato, dove l'ideologia non era più né risorsa, né remora morale, il più efficace collante del sistema, oltre che l'elemento omologante del costume politico, sono divenute le connessioni improprie fra interessi e politica, corruzione e concussione». E poi proseguono in un elenco senza fine di movimenti di soldi contestati al vecchio dc, di cui quasi mai si capisce l'origine ma di cui comunque impressiona l'entità. Si parla di affari e tangenti ormai lontani nel tempo e ormai coperti dalla prescrizione, compreso l'appalto per costruire il tribunale, ma per i giudici l'associazione a delinquere è ancora in piedi. Quali siano esattamente le fonti di prova non si capisce. Ci sono brandelli di intercettazioni, alcune confessioni. Giuseppe Roberti, politico italiano di scarso successo sbarcato sul Titano, viene indicato come lo snodo del sistema delle tangenti. Dice l'imprenditore Gianluca Bruscoli, in affari col regime di Gheddafi: «Tramite Fin Project, per la costituzione della stessa, dovetti pagare un contributo che venne quantificato in 800 milioni di lire. Consegnai il denaro contante dei libici a Roberti il quale mi disse che sarebbe servito per pagare la Democrazia cristiana ed in particolare Gabriele Gatti. Credo che la somma di 150 milioni di lire fosse destinata allo stesso Roberti quale intermediario, come da lui dichiarato (...) per la costituzione della Pradofin non ho pagato alcun contributo perché l'aveva fatta Roberti per un politico italiano di cui non ricordo esattamente il nome».

Peccato questo buco di memoria, perché - si dice da queste parti - non si può capire esattamente quanto sta accadendo a San Marino fin quando non salteranno fuori i nomi dei politici italiani che partecipavano alla grande greppia.

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