Le manette ben visibili ai polsi, indosso una maglietta raffigurante Jimi Hendrix, il volto tirato, visibilmente dimagrita, mentre una guardia di sicurezza la porta verso l'aula di tribunale. Così Brittney Griner, star del basket americano, è stata mostrata al pubblico dopo mesi di detenzione in Russia nel giorno del processo a suo carico per spaccio di stupefacenti. «Il processo è iniziato», ha annunciato alla stampa Polina Vdovtsova, portavoce del tribunale della città di Khimki, poco fuori Mosca. Ovviamente, il tutto senza copertura mediatica, a sentire le autorità russe per volere della difesa.
La 31enne americana, due volte medaglia d'oro olimpica e campionessa Wnba, la lega professionistica americana, è in carcere da febbraio, quando durante una perquisizione all'aeroporto Sheremetyevo di Mosca, è stata trovata in possesso di alcune cartucce per un vaporizzatore con olio di hashish. La Griner avrebbe dovuto giocare per qualche mese nell'Ekaterinburg, squadra della massima divisione russa, sfruttando la sosta del campionato americano. Ma il caso del suo arresto va ben oltre l'accusa.
L'arresto della cestista infatti è diventato un caso politico tra Stati Uniti e Russia. L'atleta è finita in carcere proprio pochi giorni prima che Putin inviasse le sue truppe in Ucraina, invadendo il Paese vicino e sfidando tutto il mondo occidentale che lo aveva diffidato, dando vita a un conflitto che sembra non avere fine. L'arresto della Griner però è stato reso pubblico dalle autorità russe soltanto il 5 marzo, causando la reazione americana che ha parlato da subito di «arresto ingiusto», tanto che il caso è finito nelle mani dell'inviato speciale Usa per gli ostaggi ma senza conseguenze positive. Anzi, due diversi tribunali russi avevano aumentato la durata della sua detenzione preventiva che sarebbe dovuta terminare a metà giugno e che invece è stata estesa prima fino a inizio luglio e poi addirittura fino al prossimo dicembre.
Secondo autorevoli fonti americane, il prolungamento della detenzione della Griner sarebbe un pretesto russo per fare pressioni sugli Stati Uniti e invocare uno scambio di prigionieri. E non uno a caso. Mosca vorrebbe infatti la liberazione di Viktor Bout, cittadino russo condannato negli Stati Uniti a 25 anni di carcere per traffico internazionale di armi, con un processo che, manco a dirlo, la Russia considera mosso solamente da motivi politici.
Una situazione complicatissima e tutta in divenire che mette a grave rischio il futuro immediato della cestista, anche considerato che secondo le previsioni degli stessi legali che la assistono, il verdetto di condanna a suo carico è praticamente certo, peraltro al termine di un processo che non durerà meno di due mesi.
Una convinzione avvalorata dai fatti: secondo gli ultimi dati, meno dell'1 per cento degli imputati nei processi penali in Russia viene infatti assolto. Un destino già scritto quindi, a meno di un accordo politico che metta fine alla vicenda.
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