Un'ipotesi suggestiva, encomiabile forse sul piano teorico, ma difficilmente praticabile sotto l'aspetto giuridico-normativo: contestare in Italia il «delitto politico» ai familiari di Sana Cheema appena assolti in Pakistan dall'accusa di aver ammazzato la ragazza nell'aprile dello scorso anno. Ma la Procura di Brescia (città dove Sana risiedeva) vuol provarci comunque e per questo studierà le carte del processo-scandalo celebrato nei giorni scorsi davanti al tribunale di Gujarat che ha lasciato liberi, «per mancanza di prove», gli 11 familiari della 25enne italo-pachistana imputati di omicidio.
Un assassinio motivato da ragioni «culturali e religiose» (la giovane aveva rifiutato il matrimonio combinato che il padre voleva imporle). Eccolo l'addentellato tecnico che consentirebbe virtualmente l'«avocazione» del caso da parte della procura bresciana: far passare un «delitto d'onore» (secondo la criminale e aberrante concezione dei familiari di Sana) per un «delitto politico», definito dall'articolo 8 del Codice penale come «ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino». A parere della Procura di Brescia si dovrebbe provare - in punta di diritto - che «l'omicidio di Sana avrebbe un movente religioso», circostanza che «sarebbe contraria ai diritti e alle libertà costituzionalmente garantite».
Ma l'eventuale processo italiano ai killer della 25enne incontrerebbe un secondo ostacolo insormontabile: gli imputati, per tornare alla sbarra a Brescia, dovrebbero trovarsi nel nostro Paese; cosa che non accadrà mai, considerato che i parenti assolti si trovano infatti in Pakistan o in Germania e da lì non hanno nessuna intenzioni di muoversi. Tanto più con destinazione Italia.
Intanto ieri, sempre sul «caso Sana», va registrata una lettera del nostro premier Giuseppe Conte al suo omologo pachistano».
«Signor Primo Ministro - scrive Conte -, ha destato vivo stupore in Italia la sentenza del Tribunale di Gujarat che ha assolto tutti gli undici imputati del processo per l'omicidio di Sana Cheema, giovane italiana di origine pachistana assassinata nell'aprile dello scorso anno mentre era in visita alla sua famiglia in Pakistan.
Pur nel pieno rispetto dell'indipendenza della magistratura pachistana, desidero manifestare il forte auspicio del Governo italiano affinché sia fatta piena luce sulle responsabilità per la morte di Sana, assicurando i responsabili alla giustizia». Belle parole. Probabilmente inutili.
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