"Il processo a Magdi va chiuso". Parola dell'ex capo dell'Ordine

L'ex presidente dei giornalisti della Lombardia boccia i colleghi: "Il procedimento disciplinare poteva essere aperto solo su richiesta del giudice"

Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1989 al 2007
Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1989 al 2007

Il procedimento per «islamofobia» contro Magdi Cristiano Allam aperto dal Consiglio nazionale di disciplina dell'Ordine dei giornalisti per alcuni articoli pubblicati sul Giornale tra il 22 aprile e il 5 dicembre del 2011, va chiuso subito. Anzi, avrebbe dovuto essere rigettato. Perché il nuovo regolamento sulla trattazione dei ricorsi prescrive che sia il procuratore generale a impugnare le sentenze di proscioglimento o di archiviazione. Il che è proprio quello che è avvenuto in questo caso, visto che il Consiglio di disciplina del Lazio aveva archiviato la vicenda, l'11 dicembre del 2013. Parola del presidente «storico» dei giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo - ha guidato l'Ordine lombardo per oltre 18 anni - nonché esperto di normative e leggi: «Quel ricorso – afferma – era irricevibile. L'unico titolare a chiedere la riforma dell'archiviazione disposta dal Consiglio territoriale del Lazio era il procuratore generale. Il caso va chiuso subito. È stato un errore madornale».

La norma cui Abruzzo si riferisce è il nuovo Regolamento per la trattazione dei ricorsi e degli affari di competenza del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, approvato con decreto ministeriale il 21 febbraio del 2014 e pubblicato sul Bollettino ufficiale del ministero della Giustizia lo scorso 31 marzo. La norma dice che titolari del ricorso contro delibere di archiviazione o proscioglimento sono soltanto il procuratore generale competente e l'interessato, dunque il giornalista. Non l'eventuale parte lesa, nel caso Allam l'associazione Media&diritto rappresentata dall'avvocato Luca Bauccio, che è tra l'altro difensore dell'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche d'Italia. Non solo. La nuova norma, all'articolo 13, prevede il «Divieto di reformatio in peius », (revisione in peggio) e l'apertura del procedimento disciplinare contro Allam lo è di per sé, visto che il Lazio aveva archiviato. Lo stesso Regolamento, però, all'articolo 18, prevede che le nuove regole valgano per i procedimenti successivi all'entrata in vigore del Regolamento stesso, il 31 marzo 2014. Anzi, prescrive: «Ai procedimenti già introdotti e pendenti alla stessa data si applica il regolamento precedente». E il ricorso contro la decisione sul caso Allam è stato presentato il 19 febbraio 2014, dunque prima. Ma per Abruzzo il problema non sussiste: «Vale – afferma – la norma più favorevole all'imputato, tempus regit actum (il tempo regola l'azione, e cioè vale la legislazione del momento in cui l'atto processuale viene celebrato, ndr ). Non c'è alcun dubbio, non si possono fare errori così, per me il caso è chiuso. I regolamenti non possono essere in contrasto con le leggi di riferimento. Il Consiglio nazionale di disciplina non avrebbe dovuto decidere, la legge non glielo consentiva. È assurdo, quando io ero presidente mi sforzavo di trovare norme favorevoli ai colleghi, con Allam è avvenuto il contrario. Credo comunque che, con un po' di buon senso, l'Ordine possa risolvere il caso».

Abruzzo ha espresso la sua posizione anche sul suo sito. E il presidente dell'Ordine Enzo Iacopino ha replicato con una lettera, pubblicata su Facebook , in cui richiama l'articolo 18 del Regolamento: «Un ostacolo – scrive – che neanche Marcello Fiasconaro (quanto sono vecchio!) primatista del mondo sugli 800 metri sarebbe riuscito a superare tra il 1973 e il 1976, ai tempi d'oro: suoi e nostri, miei e tuoi».

C'è però una strana coincidenza. Due giorni fa, con una nota pubblicata in apertura del sito dell'Ordine dei giornalisti, si replicava alle polemiche sollevate dal caso Allam ricordando il caso di un giornalista lombardo sanzionato per antisemitismo: «Nessuno insorse - recitava – quando il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti (allora competente in materia disciplinare) respinse il ricorso presentato dal direttore di un giornale lombardo che era stato sospeso per due mesi dall'esercizio dell'attività professionale per avere pubblicato scritti ed articoli ritenuti di chiaro carattere antisemita». Proprio la vicenda su cui si basa il ricorso in appello che l'avvocato Bauccio ha presentato contro Allam al Consiglio di disciplina nazionale, e che il Consiglio ha accolto ritenendolo «non manifestamente infondato». Lo rivela, su Facebook , lo stesso avvocato Bauccio: «Solo poco tempo fa – scrive nel suo lungo post – il direttore di un giornale di Mantova fu sanzionato - giustamente - per aver scritto in un articolo che gli ebrei erano “rompicoglioni” e che se avevano subito nel corso della storia tutte quelle persecuzioni un motivo doveva pur esserci.

Sappiate dunque che il mio ricorso si è fondato proprio su quella decisione». Proprio quella richiamata nella nota pubblicata sul sito dell'Ordine dei giornalisti. Intanto Allam prepara la sua autodifesa, da presentare entro il 30 settembre.

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