R oberto Rossi è uno dei magistrati più sotto i riflettori d'Italia, perché capo della procura d'Arezzo, che indaga su Banca Etruria. Roberto Rossi, lo stesso, è anche consulente per gli Affari giuridici del governo, che rischia molto sulla questione del conflitto d'interessi del ministro Maria Elena Boschi (il padre era vicepresidente dell'istituto) e dello stesso premier Matteo Renzi (il padre è in affari con l'ex presidente Lorenzo Rosi).Quando ha letto la notizia su Il Fatto, ieri mattina, Pierantonio Zanettin non credeva ai propri occhi. Il laico del Csm (Fi) era a Palazzo de' Marescialli e ha scritto e presentato subito una richiesta al Comitato di presidenza, «per valutare se sussistano profili di incompatibilità, sotto il profilo dell'appannamento dell'immagine di terzietà ed imparzialità, tra l'incarico extragiudiziario assegnato al magistrato e la funzione requirente da lui svolta, anche e soprattutto in relazione alla funzione di coordinamento delle indagini svolte dall'ufficio».A prima vista, l'incompatibilità sembra grande come una casa. Dati gli interessi in gioco nelle indagini della procura di Arezzo per il governo in blocco e per Renzi e Boschi personalmente, come potrebbe non esserci? Eppure Rossi, procuratore reggente dal 2008 al 2009 tornato a gennaio a dirigere i pm aretini, dopo un incarico alla direzione antimafia di Firenze, ha dichiarato «l'insussistenza di situazioni anche potenziali di conflitto d'interessi», come risulta sul sito di Palazzo Chigi. A febbraio è stato nominato consulente del Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi, diretto dalla fedelissima renziana Antonella Manzione, con un compenso di 5mila euro lordi e la scadenza del 31 dicembre. Ma la collaborazione è iniziata il primo novembre 2013, sotto il governo Letta, ed è sempre stata prorogata. Il Csm ogni volta ha autorizzato l'incarico extragiudiziario, l'ultima a maggio, dopo il commissariamento di Banca Etruria del 10 febbraio, che ha fatto partire le indagini. Per tutti questi mesi Rossi ha offerto al governo i suoi pareri, mentre ad Arezzo lavorava su uno scandalo che lo investiva direttamente, anche per gli effetti del decreto legge sulla trasformazione delle banche popolari in spa approvato pochi giorni prima della sua nomina, il 25 gennaio, e per il più recente decreto salva banche, oggi al centro della bufera. A Palazzo de' Marescialli, già scosso dal caso del consigliere Giuseppe Fanfani, il cui figlio è uno dei legali dei dirigenti sotto accusa, si mormora che la cosa è «gravissima». Lo dicono anche dalla corrente di Unicost, quella di Rossi, la più renziana.
«Mi sembra che il pm - dice Zanettin- sia stato incauto, mantenendo l'incarico dopo aver aperto ad Arezzo la pratica su Banca Etruria. Considerando la delicatezza della questione e i soggetti potenzialmente coinvolti, prudenza avrebbe imposto di dimettersi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.