È la decrescita infelice di Beppe Grillo. Un tempo animava un seminario tenuto dal Nobel Joseph Stiglitz e predicava il futuro, mischiando i panni del guru con quelli di Robin Hood. Oggi, nel pieno di una crisi di mezza estate, la vena istrionica perde ogni ancoraggio e il profeta sempre più solo si ritrova al bar Sport. Così, il fondatore dei 5 Stelle lancia la sua ultima teoria: il reddito universale. Quello di cittadinanza, che pure aveva una giustificazione forte nel dramma di milioni di italiani, ha fatto flop? Benissimo, si può sempre aprire il luccicante libro dei sogni e infiocchettarlo chiamando in soccorso, nientemeno, Martin Luther King, l'apostolo dei neri diseredati.
La proposta è semplice come una provocazione a buon mercato, di quelle che si afferrano non nei think tank frequentati dai grandi economisti ma oltre la porta dello scompartimento sul treno: le Banche centrali devono garantire a ciascuno - ma ciascuno chi? - il diritto ad avere un reddito. Perfetto. Ma come finanziarlo? Ovvio, si prende il 30 o fino al 30 per cento del Pil e lo si spezzetta bonificandolo a milioni di indigenti o comunque cittadini che non aspettano altro.
C'era un tempo in cui le antenne del comico genovese captavano i movimenti profondi nella società e la coppia visionaria Grillo-Casaleggio interpretava l'aspirazione al nuovo, mascherata dalla cipria del sarcasmo e dalla furia iconoclasta dell'artista. C'era, discutibile fin che si vuole, un nocciolo di idee che collegava Grillo a pensatori inquieti e delusi dal turbocapitalismo. Oggi, a voler essere generosi, restano le suggestioni: dall'helicopter money al domani tutto automazione e benessere, vagheggiato da Elon Musk.
Riaffiorano dal sottosuolo le suggestioni populiste, da Peron a Chavez che pare, con il suo modello fallimentare, il punto di riferimento per una deriva sempre più confusa e improbabile. I soldi ci sono e sono a disposizione; casomai non dovessero bastare, si possono sempre fabbricare: si stampi moneta, come i bolivares del Venezuela, e chi se ne importa dell'inflazione e del moltiplicarsi della povertà che si fa miseria.
Al Meeting di Rimini, martedì, solo Giuseppe Conte ha difeso come un avvocato d'ufficio il reddito di cittadinanza, affondato un po' da tutti. Ma quello, al confronto, è una mancia che aveva una sua filosofia, pure se molti oggi ammettono che lo strumento è da ripensare. Aggiustamenti e manovre della politica. Grillo si è eclissato ed è uscito dai radar, le sue truppe, colpite da troppe defezioni, vivono con disagio la crisi e lo sfaldamento del Movimento, lui sembra essere tornato ai suoi show e offre illusioni ottiche di modesta fattura.
C'era la decrescita felice, chiave di violino di un mondo da riprogrammare. Oggi siamo alla più infelice delle parabole: i Nobel e i professoroni devono essersi dileguati con le loro lavagne e le loro equazioni, resistono i proclami. Ci pensino le Banche centrali a convogliare i flussi finanziari seguendo i desiderata del capopopolo che ha smarrito il tocco del fuoriclasse.
Certo, da un personaggio di genio può sempre arrivare l'illuminazione sorprendente. Per ora, però, la luce si è spenta: i discepoli dell'Elevato, come si autodefinisce mixando ironia e compiacimento, meritavano qualcosa di più di un approdo come quello di Pinocchio nel paese dei balocchi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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