Pure Draghi ha un problema con Trump

Il numero uno della Bce mette in guardia contro la deregolamentazione facile

Pure Draghi ha un problema con Trump

«Abbiamo un problema, e si chiama Trump». Troppo esplicito, troppo tranchant rispetto allo stile della Bce? Poco importa. Perché dalle parole pronunciate ieri da Mario Draghi si capisce benissimo che The Donald preoccupa eccome l'Eurotower. Sono le stesse inquietudini espresse giovedì dalla numero uno della Fed, Janet Yellen, a segnalare un punto di convergenza sui rischi legati a un cambio di rotta radicale delle norme che governano il sistema finanziario, profondamente riformato da Obama attraverso quella legge Dodd-Frank che ha permesso all'America di lasciarsi alle spalle la stagione tossica e depressiva dei mutui subprime. Draghi parte da una certezza: «Una delle principali cause della crisi finanziaria globale è stata l'eccessiva deregolamentazione nel settore finanziario nei precedenti due decenni». Un laissez-faire che ha generato disastri. Trump, pronto a tornare all'antico, è avvisato.

L'ex governatore di Bankitalia rafforza la sua tesi portando in esempio le banche, obbligate a rafforzarsi sotto il profilo patrimoniale. Di fronte agli choc avversi - ricorda- il sistema del credito «è stato in grado di superare la crisi delle economie emergenti, il collasso dei prezzi del petrolio e delle materie prime e le conseguenze del referendum in Gran Bretagna. Banche più solide sono riuscite a dare il credito necessario per mantenere il passo della ripresa».

La «guardia non va abbassata», avverte però Draghi. L'eurozona cresce infatti debolmente e resta «fortemente dipendente dalla continuazione del sostegno monetario». In pratica, guai a interrompere il programma di acquisto titoli da 80 miliardi di euro al mese. Anche perchè l'inflazione, pur risalita in ottobre allo 0,5%, «resta molto al di sotto dell'obiettivo della Bce». Insomma, in vista della riunione del prossimo 8 dicembre la linea del capo della Bce è chiara: proseguire il quantitative easing oltre la scadenza naturale del marzo 2017, magari allargando il ventaglio dei titoli comprabili. La Bundesbank aspetta però Draghi al varco.

Il numero uno della banca centrale tedesca, Jens Weidmann, non esclude che i prezzi al consumo risalgano all'1,5% «già da febbraio». La Bce dovrebbe quindi usare «con cautela» gli strumenti non convenzionali come il Qe. Tra i due banchieri si prevedono scintille.

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