Putin e Hamas, Europa kamikaze

L'Europa si appresta a riconoscere uno Stato che non c'è come quello palestinese (depennando nel frattempo e per buona misura Hamas dalla lista delle organizzazioni terroristiche); la Russia vacilla col calo del prezzo del petrolio e più ancora per la stretta delle sanzioni europee ormai senza senso, visto che persino gli americani hanno assunto una posizione più morbida. Ultima notizia: Stati Uniti e Cuba fanno pace dopo decenni di guerra (...)

(...) ideologica, commerciale, psicologica: mancano poche ore allo scambio degli ambasciatori fra l'Avana e Washington chiudendo la guerra dei cinquant'anni. C'è un filo che leghi questi fatti? Secondo noi è la ripetizione di uno schema logoro: seguire in affanno le iniziative americane, arrivando però senza idee e fuori tempo, quando gli americani hanno già cambiato politica, adeguandosi sia alla storia che alle proprie convenienze. Prendiamo il caso del tracollo russo: l'Europa non ha saputo intervenire da protagonista durante la crisi in Ucraina e in mancanza di idee e di iniziative ha applicato sanzioni pesantissime per competere con l'attivismo americano. Bismarck diceva del neonato Stato italiano: «Ha grande stomaco, ma pochi denti». Si potrebbe dire la stessa cosa della politica estera europea: molta fame di conformismo senza identità per dare di sé un'immagine fintamente buonista. Prendiamo l'annunciato riconoscimento dello Stato palestinese che non ci può essere prima e senza un accordo fra israeliani e palestinesi. Che senso ha? Quello di un effetto speciale, l'effetto annuncio. Ma gli annunci vuoti non sono degli acceleratori delle soluzioni, ma freni a mano tirati. L'Europa rischia di fare altri danni costringendo Israele in ulteriore isolamento, sapendo che anche di quell'isolamento si nutre il nuovo antisemitismo in Europa. La patente di buona condotta concessa ad Hamas proprio mentre infuria il terrorismo islamico, poi, lascia sgomenti. L'abbiamo già visto: l'Europa è inerme (unica parziale eccezione il Regno Unito) di fronte al terrorismo cresciuto in casa e ora, depennando Hamas dalla lista nera si espone a rischi che non sa calcolare né gestire. Perché? Perché simulare una linea politica fatua e in perenne ritardo sulla storia, accomodante con i forti e sprezzante con chi subisce i soprusi e i danni economici. Il caso russo è esemplare: proprio in questi giorni il Segretario di Stato americano John Kerry rassicura i russi garantendo che la stagione delle sanzioni è finita, visto che la situazione ucraina si sta risolvendo con il contributo di tutti e l'Europa è ancora schierata su barricate immaginarie. Con realismo Washington chiude la sua guerra dei cinquant'anni con Cuba e l'Europa senza denti seguita a nutrirsi di apparenze, senza nemmeno adeguarsi ai mutamenti della politica degli Stati Uniti.

Così, alla fine pagano il conto le nostre imprese (quelle ancora in vita) strozzate da un embargo che non ha più senso, se mai ne ha avuto. A questo punto ci piacerebbe sapere se anche il governo italiano condivide queste follie autolesioniste. E se intende fare qualcosa per troncare la tendenza al suicidio della impotente vanità europea.

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