Quante palate di fango per seppellire Fiori

L e Fiamme gialle ti bussano alle 6.40 del mattino per notificarti che la procura della Corte dei conti campana intende sequestrare i tuoi averi. Non è un bel risveglio. Poi consulti i siti web dei quotidiani e scopri, di colpo, di essere enormemente ricco. «Sequestrati beni per circa 6 milioni di euro nei confronti dell'ex commissario straordinario per gli scavi di Pompei», così le agenzie rilanciano il comunicato diffuso dalla Guardia (...)

(...) di finanza di Napoli. Vabbé, passerà qualche ora e i giornali s'informeranno, andranno a fondo e chiariranno la verità. Niente. Ieri la notizia approda sulla carta stampata. Inaspettatamente, il Fatto quotidiano precisa: «Il sostituto pg Donato Luciano ha disposto il sequestro conservativo di beni fino a quasi 6 milioni... I magistrati contabili però hanno recuperato una cifra molto inferiore». Così stanno i fatti. A Fiori, papà muratore e mamma mondina, è stato sequestrato per metà l'unico conto corrente cointestato con la moglie (valore totale 27.600 euro), un quinto dello stipendio da funzionario (5.600 euro al mese) e alcuni appezzamenti che valgono 30mila euro. La fanfara giustizialista invece si scatena sui giornaloni dell' establishment . Per Repubblica , «dopo l'inizio dell'indagine Fiori aveva intestato i beni ai suoi parenti». Peccato che Fiori, prima della visita delle Fiamme gialle, non avesse mai ricevuto alcuna notifica del procedimento. Quanto alle proprietà da nababbo, non possiede alcuna casa perché l'accordo di separazione dall'ex moglie nel 2003 ha deciso l'assegnazione al figlio del 50% della casa di famiglia. Nel 2012 ha ceduto alla seconda moglie il diritto d'abitazione dell'appartamento romano di 90 metri quadri, acquistato con mutuo ventennale, dove vive attualmente nel quartiere popolare di viale Marconi. Sulle colonne di Repubblica Francesco Merlo definisce quella di Fiori «la paradigmatica storia italiana del promettente manager di Stato corrotto dalla politica, una pianta pubblica maledettamente simile a Luca Odevaine». Tanto basta per inchiodare nei panni del colpevole per forza una persona incensurata destinataria di un provvedimento cautelare. Quale disinvoltura, quale baldanza. Fiori può risultare antipatico perché è passato da Rutelli a Berlusconi, ha lavorato al fianco di Bertolaso, ha gli occhi chiari e i modi gentili, ma la «macchina del fango», quella contro cui punta il dito Roberto Saviano, dovrebbe essere risparmiata a tutti. Sempre. Non soltanto quando nel mirino finiscono gli amici. Una tegola giudiziaria per un presunto danno erariale tutto da dimostrare può valerti il timbro di «grande speranza del management pubblico rovinata dalla politica», «il sintomo di una brutta infezione della democrazia italiana»? Con la reputazione altrui non si scherza. Dalle colonne del Corriere della Sera ci pensa Gian Antonio Stella a dar fuoco alle polveri contro l'«Attila di Pompei» (sic).

Stella, che nella pomposa intervista all'ex premier Monti si è ben guardato dal rivolgergli, da esperto anticasta qual è, anche solo una domandina sull'esoso vitalizio in suo favore, tira in ballo «il rinvio a giudizio del nostro barbaro e altre cinque persone per i reati di abuso d'ufficio, frode in pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato». Per la cronaca, Fiori è imputato esclusivamente per abuso d'ufficio. Quisquilie. Nell'operazione di character assassination , quando l'obiettivo è stritolare il malcapitato nelle spire dell'infamia, i dettagli giuridici, la distinzione tra giudice e pm, la parità tra accusa e difesa sono inutili orpelli. Nessuno si chiede se, visti i poteri investigativi in capo alla Gdf che può accedere al registro degli immobili e controllare i conti correnti, fosse proprio necessario il «maxi sequestro» sapientemente spettacolarizzato.

Nessuno si chiede se nel procedimento penale avviato da Diego Marmo, il pm che definì Tortora «un cinico mercante di morte», l'accusa di abuso d'ufficio rivolta a un commissario straordinario che di per sé è tenuto a derogare alle procedure ordinarie (incluse le gare d'appalto) reggerà alla prova del dibattimento. Almeno un dubbio, ecco. Prima del fango.

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