Sia detto senza ironia: più che una sentenza sembra una manovra finanziaria. Francesca Mambro e Valerio Fioravanti vengono condannati per la strage di Bologna a un risarcimento senza precedenti nella storia italiana: più di due miliardi di euro. Per la precisione: 2 miliardi, 134 milioni e 273mila euro. Ora è vero che la mattanza della stazione è la strage delle stragi e che la contabilità del terrore ha numeri per fortuna mai più raggiunti: 85 morti e 200 feriti. Ma c'è, almeno all'orecchio del profano, qualcosa che stride. Mettiamola così: se è giusto questo risarcimento - peraltro destinato a rimanere teorico - allora sono poca cosa, con rispetto briciole, quasi una mancia, gli indennizzi per le vittime delle altre innumerevoli carneficine della nostra storia. Non è bello azzardare paragoni che nel diritto civile valgono fino a un certo punto. I criteri sono elastici e ciascun giudice di fatto fa di testa sua. Però.
Francesca Neri, terza (...)
(...) sezione civile del tribunale di Bologna, va dunque oltre quota due miliardi nella causa avviata l'anno scorso dalla presidenza del Consiglio da ministri e dal ministero dell'Interno, parti civili nel procedimento penale che si era concluso con la condanna all'ergastolo, peraltro contestatissima, della coppia. Attenzione: ogni vittima si porta dietro un grappolo di parenti che hanno sofferto e vanno risarciti. Quindi è difficile conteggiare padri, madri, figli. Però qualcosa si può dire. Avvocati e giudici conoscono un tema che nel diritto è dibattuto e oggetto di controversia da sempre: quello di danno punitivo. In voga negli Usa. Una sorta di pena bis che va ben oltre il danno patito. Il danno punitivo è stato applicato a Bologna? Il magistrato, per spiegare l'altezza vertiginosa dell'asticella, si àncora alla categoria del danno permanente. «La gravità di quel fatto è di livello senza precedenti nella storia dell'Italia». Non solo: «Ormai... può dirsi che tale evento sia rimasto impresso in modo indelebile nella coscienza collettiva della nazione, come un vero e proprio danno permanente». Un unicum. Che fa storia a sé.
La realtà processuale conferma questa impostazione. Prendiamo la sentenza che ha condannato una pattuglia di brigatisti storici a risarcire i familiari di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, le prime vittime delle Brigate rosse, trucidate nella sede del Msi di Padova: fascisti, per dirla tutta. Un massacro entrato purtroppo nei libri di storia. Era il 17 giugno 1974. La sentenza civile, datata 2008, trentaquattro anni dopo, esattamente come per Bologna, assegna a ciascuno dei sette familiari 350mila euro. Più, naturalmente, gli interessi maturati in questo lunghissimo periodo. In tutto una manciata di milioni. Quanto pesano i morti sulla bilancia della giustizia? E soprattutto c'è una sola bilancia? In media, anche se è difficile generalizzare, si può dire che la perdita di un figlio, la più pesante, viene monetizzata, con tutte le oscillazioni del caso, sui 300-400 mila euro. Talvolta cinquecentomila.
Non di più. Che si tratti di un omicidio o di un incidente stradale o sul lavoro. Di un morto rosso o nero: il colore non conta, almeno sulla carta. I genitori, nel complesso, ricevono raramente un assegno superiore agli ottocentomila euro. Spesso anche di meno.
Bologna va in controtendenza. Con un conto mai visto al bancone della giustizia. Oltre due miliardi.
Sommando i danni materiali, morali, di immagine e le spese processuali. «La domanda - commenta soddisfatto l'avvocato dello Stato Fausto Baldi - è stata accolta così come era stata formulata». Le vittime hanno vinto. Fosse sempre così.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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