"Quartiere di illegalità", leghista a processo

Il senatore Candiani a giudizio per odio razziale. Il pm voleva archiviare

"Quartiere di illegalità", leghista a processo

L'aver raccontato la verità sul quartiere di San Berillo, a Catania, zona della città siciliana in cui regna l'illegalità, è valso un'imputazione coatta per istigazione all'odio razziale al commissario per la Lega, Stefano Candiani (nel tondo) e all'assessore alla Sicurezza Fabio Cantarella. A decidere che i due politici del partito del Carroccio siano imputati è il «tribunale di Salvini», ovvero quello che dovrà giudicare il segretario della Lega per i fatti relativi alla nave Gregoretti. Un accanimento giudiziario che sa molto di attacco politico e che rischia di creare un precedente pericoloso. Durante un sopralluogo fatto lo scorso anno nel quartiere in questione, Candiani, che all'epoca era sottosegretario all'Interno e Cantarella fecero una diretta sui social denunciando lo stato di degrado dell'area, documentato negli anni dagli organi di stampa.

«San Berillo patria dell'illegalità» e ancora «quartiere in mano agli immigrati clandestini», «dove regnano spaccio, contraffazione e prostituzione», dissero i due. Per questo motivo l'associazione Rita Atria e l'avvocato Goffredo D'Antona, esponente di Potere al popolo, li denunciarono. La Procura ha chiesto l'archiviazione, perché «il fatto non sussiste o comunque non costituisce reato», ma nei giorni scorsi il gip di Catania, Giuseppina Montuori, senza apparente motivo, ha disposto l'imputazione coatta per odio razziale per i due politici, per i quali si andrà a prima udienza nei primi mesi del 2021. «Quello che facemmo quella notte - spiega Candiani - fu solo documentare situazioni di criminalità spesso denunciate dai residenti, senza sollevare alcuna critica razziale, ma limitandoci in maniera molto precisa a dare visibilità e a chiedere l'intervento delle istituzioni per risanare un quartiere che è in mano agli spacciatori e alla criminalità organizzata e ai clandestini che lì commettono i reati noti da tempo. La cosa che mi fa dispiacere - prosegue - è che da questo rinvio a giudizio ne deriva un messaggio di scoramento verso la gente perbene che abita a San Berillo per cui passa un messaggio, ovvero che chi dice qual è la realtà commette l'errore di dire la verità e di finire a processo». Cantarella chiarisce: «È un caso paradossale. Noi ci siamo fermati su uno stato di illegalità, non per ottenere like, ma nello svolgimento delle nostre funzioni istituzionali.

Chiunque rispetta le regole per noi è nostro fratello, qui il razzismo non c'entra niente. Vogliono mettere il bavaglio a chi voleva ripristinato il rispetto delle regole in una realtà abbandonata da anni». E che ora rischia di esserlo ancora di più.

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