Quegli strani giochetti sul 5 per mille ai Caf. Indaga la Corte dei conti

Falsate le scelte dei contribuenti per favorire associazioni amiche o legate ai sindacati

Quegli strani giochetti sul 5 per mille ai Caf. Indaga la Corte dei conti

A volte i Caf cambiavano la scelta del contribuente destinando il cinque per mille ad associazioni amiche. Oppure facevano propaganda per le associazioni e i sindacati di riferimento. Nella maggiora parte dei casi, non è possibile capire quale fosse la reale volontà del contribuente che si è affidato ai centri di assistenza fiscale dei sindacati.

La Corte dei conti torna ad occuparsi di Caf e cinque per mille, la quota di reddito che il contribuente può destinare volontariamente ad associazioni e organizzazioni no profit. Il problema è la doppia natura dei centri: aziende che forniscono assistenza fiscale da una parte, espressione del mondo sindacale dall'altro. La Corte ha fatto il punto su casi segnalati tra il 2013 e il 2015, con una relazione firmata dal consigliere Antonio Mezzera. Nel dettaglio, i magistrati contabili hanno fatto il punto sull'indagine svolta dall'Agenzia Entrate sui comportamenti dei Caf, «alcuni dei quali in potenziale conflitto di interesse con l'attività di raccolta delle volontà dei contribuenti, in quanto essi stessi fruitori del 5 per mille o in stretto legame con i beneficiari».

Le conclusioni dell'attività ispettiva confermano i sospetti. L'agenzia ha riscontrato «casi di interferenza nel processo decisionale dei contribuenti e un numero significativo di infedeli trasmissioni dei dati da parte dei centri di assistenza fiscale». Su 73 verifiche risultano 22 casi in cui i Caf hanno promosso una scelta. «Ciò ha coinciso con una quasi totale presenza di scelte a favore di enti collegati ai Caf».

L'interferenza si è realizzata con «la promozione pubblicitaria, con la presenza di volantini e manifesti a favore delle associazioni collegate». Attraverso «consigli che invitavano verbalmente i contribuenti a scegliere determinate associazioni», con la presenza nei moduli da compilare al computer «di sistemi automatici d'inserimento del codice fiscale degli enti collegati». Quindi menu a tendina con scelte limitate. Vero che la scelta a favore delle associazioni collegate può essere spiegata dalla «comune matrice ideologica» di chi si rivolte a un Caf.

Ma ci sono casi di trasmissioni di scelte totalmente difformi da quelle fatte dai contribuenti. Su 8.502 dichiarazioni controllate, in 485 casi sono state rilevate irregolarità. In particolare, nel 4,6 per cento dei casi non è stata reperita la scheda con la scelta del 5 per mille. In 87 dichiarazioni, «risulta trasmessa una scelta diversa rispetto» a quella espressa con il modello 730/1.

Un problema ben noto alla consulta dei Caf che, sottolinea la Corte dei conti, nell'adunanza del 28 giugno 2018 «ha dichiarato la disponibilità ad affrontare il problema anche attraverso una modifica legislativa».

Nella relazione dei magistrati contabili si rileva che l'Agenzia delle Entrate ha riferito di avere trasmesso le contestazioni «all'ufficio competente all'irrogazione delle eventuali sanzioni». Ma nell'audizione di giugno, «in assenza degli organi competenti a curare il seguito delle attività di controllo è stato comunicato che, ad oggi, non si è ancora proceduto in tal senso».

Il Fisco non ha ritenuto opportuno segnalare alla procura i casi sospetti. Bastano, per il momento, la volontà di cambiare strada e gli impegni presi dai Caf. Oggi le leggi sono più stringenti, ma tocca ai Caf non abusare del loro ruolo.

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