
Bisogna immaginarla
Milano, in queste giornate di vuoto infernale. Bisogna immaginarla con l'afa e il sole a picco, un disco di fuoco che a guardarlo dritto in faccia, anche se velato, fa bruciare gli occhi. Bisogna immaginarla con le clèr dei negozi tirate giù-giù e i cartelli scritti a mano "riapriremo il primo settembre". Bisogna immaginarla con i suoi silenzi, con le sue solitudini e soprattutto con i suoi quartieri svuotati. La Madonnina, in giornate come queste, sembra ancora più lontana di quanto non lo sia veramente. Non la scorgi dai palazzoni del Gratosoglio. Puoi solo affidarle una preghiera. E più di una, ieri pomeriggio, si è levata al cielo dalla chiesa di San Barnaba. L'ultimo saluto a Cecilia. Il parroco le ha dedicato Via del Campo di Fabrizio De André. Ma, prima ancora che lui officiasse i funerali, una bambina correva in autostrada. Direzione Ventimiglia. Al volante la nonna. Quattro giorni prima sedeva sull'altra auto, quella rubata, quella che ha falciato, quella che ha ammazzato la povera Cecilia lungo via Saponaro.
Undici anni la ragazzina, settantuno la donna. Corrono sessant'anni tra una e l'altra. E, in una società perfetta, avrebbero potuto incrociarsi al parco: una a prendere refrigerio dalla calura estiva, l'altra a giocare con le amiche. Solo che la nostra società è tutt'altro che perfetta. E quella di Milano, se possibile, lo è ancora meno. E così succede che un'anziana, mentre torna a casa, finisca per imbattersi nella folle giornata di quattro ragazzini che per divertirsi vanno in giro per il quartiere alla guida di un'automobile rubata. Hanno tutti un'età che dovrebbe vederli ai giardinetti a giocare con il pallone, a rincorrersi, a farsi i gavettoni d'acqua. E, invece, no. E, non ce ne vogliano i buonisti, se scriviamo che, in questa triste storia, non è certo un particolare accessorio che i quattro vivano in un accampamento abusivo di nomadi. Perché, sempre in una società perfetta, quegli insediamenti non dovrebbero esistere e quei ragazzini dovrebbero essere tirati su come i loro coetanei e in famiglia, o quantomeno a scuola, dovrebbero aver già imparato la differenza tra bene e male. Ma appunto, la nostra non è affatto una società perfetta. E così ce li ritroviamo con la vita di un'innocente sulla coscienza. Tutti quanti non imputabili. E anche questo, in una società non tanto perfetta ma perlomeno giusta, forse non dovrebbe esistere.Quello del Gratosiglio non è un dramma delle periferie. È un dramma che dovrebbe interrogare tutta Milano e tutti milanesi. È un fallimento sociale che contrappone, nel sangue e nel dolore, una settantunenne e una undicenne. Sessant'anni non bastano a dividerle. E nemmeno la lamiera di un'auto.
Quello che le ha divise è la consapevolezza della differenza che corre tra ciò che è bene e ciò che è male. E purtroppo non potrà mai essere giusta una società in cui esistono sacche di illegalità in cui questa differenza viene cancellata.