Quei monti "social" invasi per una foto

L'ultimo trend: gite mordi e fuggi seguendo i consigli degli influencer. Il caso Seceda

Quei monti "social" invasi per una foto
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Tutti dicono Seceda, ma anche lago di Braies, passo Giau, Tre Cime e Pordoi e poi val Ferret, val di Mello, Alpe Devero, val Verzasca. L'Italia della bellezza extra large si è da anni trasformata nel Belpaese delle code da overtourism. Non solo a Venezia, Firenze, Roma, Cinque Terre, Sirmione o Bellagio, Capri e la costa Smeralda, ma anche fra i monti. Se ci van tutti ci sarà un perché, ed è presto detto: sono luoghi stupendi. Se ci vanno gli altri, scatta il "vengo anche io" ed il "no, tu no" non è un'opzione. Se poi ci si mettono i social media, con influencer a suggerire mete "facili ad un'ora dalla città", l'effetto Roccaraso dello scorso inverno è servito.

Qualche anno fa andavano di moda "le Maldive a un'ora da Milano": ve le siete perse? Spoiler: sono un fiume azzurrissimo, appena varcato il confine svizzero, in val Verzasca che per settimane non ha avuto tregua. Ora è toccato al Seceda, in Val Gardena: c'è chi alza il dito perfino contro Apple che dal 2017 per l'iMac ed ancora di recente per l'iPhone 5, ha usato le sue crode come immagine pubblicitaria. Da cartolina, appunto.

Soluzioni? A oggi, a parte numero chiuso e ticket d'ingresso, di idee vere non ce ne sono. Perché passerebbero dal buon senso e dalla conoscenza del territorio e delle mille alternative per una gita e non dall'emozione di un richiamo, più che della foresta, della jungla dei follower. A Firenze ci provano i grandi hotel come il St. Regis che propone ai suoi clienti percorsi "via dalla pazza folla" si chiama The art of Frescoes senza passare né da piazza della Signoria, né dal Duomo. A Venezia c'è il ticket, sul lago di Como non in pochi lo desidererebbero. A Courmayeur, l'ultima e fra le più belle valli d'Italia, è car free da sempre: in val Ferret da anni in estate si sale solo in bus più simili a tradotte o con prenotazione ad un ristorante. Li accanto ci sarebbe la val Sapin, altrettanto bella, ma forse è meglio non dirlo perché poi il rischio è di compromettere anche quella. Idem con prenotazione di parcheggio e ristorante obbligatorio al lago di Braies. Sopra Malga Ciapela il canyon dei Serrai di Sottoguda ha riaperto da poche settimane dopo la tempesta Vaia: ticket d'ingresso e solo 200 posto al dì.

Dura lex sed lex, avanti i ricchi e chi può pagare? Pare di sì. Poi ci sono gli assalti stagionali: dall'ossolana Alpe Devero alla valtellinese val di Mello, la Yosemite lombarda: hanno strade a Devero ci sono perfino gallerie non illuminate inadatte ad accogliere grandi numeri. Nei week end si sopravvive con bus navette, ma basta andarci il lunedì e la magia torna uno spettacolo per pochi intimi. E allora la chiave è destagionalizzare: sulle Dolomiti, che già in diverse giornate chiudono i passi alle auto, ci stanno provando, facendo slittare anche festival ed eventi blasonati, come I Suoni delle Dolomiti, al via al 27 agosto e non più in piena estate. Complici estati più lunghe, si prova a vedere, per una volta, il cambiamento climatico non come un problema ma come un dato di fatto e una opportunità di ferie più diluite nelle stagioni.

Sicuramente, almeno sulle Dolomiti, la soluzione non è aumentare la capienza degli impianti di risalita, come ha spiegato il governatore Arno

Kompatscher, alla richiesta della società Seceda Seilbahnen di triplicare la portata della funivia. Al prossimo week end si vedrà chi ha capito e chi vuole per forza un selfie da mettere sul desktop. Come in quella pubblicità.

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