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Quei Paesi così "civili" da ridursi allo sfascio

I progressisti di casa nostra indicano come modello realtà come Belgio, Olanda e Svezia. Ma quegli stessi Stati consentono di uccidere i bimbi malati e di sterilizzare i poveri

Quei Paesi così "civili" da ridursi allo sfascio

S ostiene Luciano Fontana, nell'editoriale di ieri del Corriere, squisitamente renziano, che sulle coppie omosessuali «l'Italia arriva in grande ritardo, i Paesi europei hanno leggi, noi divieti».I Paesi europei. Cioè, quali? Ovvio. Paesi europei per la classe intellettuale italiana non sono Russia e Polonia, Slovenia e Ungheria. Ma quelli che oggi sono all'avanguardia della desolazione sociale, e stanno esprimendo come unico sentimento di se stessi l'invecchiamento.

Eh sì, la vecchia Europa, con i vizi da tardo impero, bel modello.Possibile che il nostro ideale di riferimento debbano essere i soliti Stati, quelli «avanzati», al passo coi tempi sì, ma quali tempi? Proprio quei tempi che sono la cornice delle società più triturate e liquide della storia, sfibrate e stanche, in perfetta somiglianza con il tardo impero romano, con quella decadenza avanzatissima in fatto di costume e legami e slegami, liberalissima da doveri e sprofondata nel vietato vietare. I barbari se la ingoiarono. Il parallelo storico ci dice qualcosa? (Per fortuna, in quei secoli una minoranza resistette, vedi san Benedetto e Gregorio Magno. Sperèm anche stavolta...)

Sono questi i modelli da cui dovremmo recuperare i ritardi? Meglio ritardare nel buttarsi in un abisso di nichilismo, dove nulla conta, senza una missione di libertà, di felicità, dove la vita non è più una cosa seria e sacra, da sacrificare per qualcosa di grande e bello. Dovremmo imitare la società belga e la legislazione olandese dove si stimola l'eutanasia dei bambini malati perché non crescano infelici e rompano le scatole ai familiari con i loro strazi? O quella svedese dove da decenni si pratica in silenzio e lontano da scandali la sterilizzazione dei poveri se vogliono avere sussidi? O quella norvegese dove la solitudine è la normalità esistenziale, quella inglese delle rivolte sociali ricorrenti, dove non si vieta niente, neanche i tribunali della sharia?

Sono questi i Paesi più avanzati e meravigliosi i nostri modelli ideali? O forse andando più a Ovest, e fuori d'Europa, la società canadese e americana? Non sto parlando di infrastrutture stradali e ferroviarie, ma di infrastrutture vitali, non di fibre ottiche ma di fibra morale, non di legami trilaterali ma familiari.Questa voluttà imitativa non si capisce se non come servilismo all'imperialismo culturale. Sono stato cinque anni delegato parlamentare al Consiglio d'Europa (47 Paesi: oltre a quelli Ue ci sono Russia, Armenia, Serbia, pure la Svizzera), e ricordo perfettamente come la missione che si erano attribuiti i parlamentari cosiddetti progressisti era di colonizzare popoli arretrati e un po' selvaggi perché ancorati ad esempio ai precetti dell'ortodossia e alla tradizione cristiana.Per favore, evitiamo i dogmi tolemaici alla Fontana: i Paesi europei non sono più quelli che pensa il Corriere, c'è stato Tolomeo e Galileo, il mondo non gira intorno al Sole della rive gauche... Si rimprovera all'Europa di volerci imporre la lunghezza del cetriolo, e invece accettiamo tranquillamente e anzi ci lamentiamo di essere indietro se i medesimi poteri decrepiti vogliono spingerci a determinare una forma di società secondo i canoni radical chic? Questo birignao progressista sta dietro molti discorsi fatti in nome del liberalismo.

Quale liberalismo. Non quello crociano. Nicola Matteucci, grande filosofo liberale, di cui mi professo discepolo e amico, trasmise queste parole ai lettori del Giornale (1 luglio 1998): «Certo Croce ora difenderebbe la Chiesa... Il liberalismo si appoggia all'etica cattolica. La difesa della famiglia che ha permesso lo sviluppo della società in questi millenni...».Vale anche oggi. Se l'Italia ha tenuto socialmente, non ci sono state sommosse e ha retto meglio che altrove il colpo della crisi economica e morale, nonostante i disastri dei tre governi non eletti, lo si deve all'istituto della famiglia. Non è il caso picconarla trasformando qualsiasi affetto (degnissimo), qualsiasi legame sentimentale in matrimonio e in famiglia. Se tutto è famiglia, niente è famiglia. E così sarà molto europeo, ma fa schifo.

Quanto all'Europa, che, secondo la visione di De Gaulle ma soprattutto di Wojtyla, «va dall'Atlantico agli Urali», le cose stanno diversamente da come dice Fontana e il resto del coro. Russia, Polonia, Bielorussia, Croazia, Bulgaria, Lettonia, Lituania, Macedonia, Moldavia Montenegro, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria e Ucraina hanno legislazioni che non contemplano unioni civili simil matrimoniali. Il settimanale francese Famille Chrétienne (molto più anticonformista di Famiglia cristiana), ha ospitato il pensiero sul tema dello scrittore serbo ortodosso Slobodan Despot, il quale denunzia il colonialismo imperiale di Bruxelles: il «matrimonio gay è un vero e proprio test di acclimatazione effettuato su scala di popoli. Il modo con cui essi accetteranno o bocceranno un elemento totalmente estraneo ai loro usi e costumi attesterà la loro disponibilità a lasciarsi spossessare o meno dei loro diritti e le loro libertà civili» (tradotto da Alessandra Nucci su Italia Oggi).

Meditate gente, meditate.

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