
nostro inviato a Lignano Sabbiadoro (Udine)
Tutto come prima, quasi non vi fosse stato quel terribile 19 agosto 2012. Tutto in pochi metri, in un fazzoletto claustrofobico di ricordi dolorosissimi. Tutto nel cuore di Lignano, fra le vetrine dello struscio . Tre anni dopo, i protagonisti di una delle storie più cupe della nera italiana del dopoguerra sono ancora li. Si sfiorano. Forse si spiano. Ufficialmente s'ignorano, ma quasi si toccano perché a dividerli c'è solo l'asfalto della centralissima via Udine.
Su un lato della strada Michele Burgato manda avanti il negozio di ferramenta che era gestito dai genitori. Paolo e Rosetta Burgato, le vittime di quello scempio di mezza estate. Di fronte, fra i tavoli della pizzeria La Brace , ecco la signora Emilia Sandra Rico, cubana, la madre dei carnefici. I due fratelli, anzi fratellastri, Reiver e Lisandra. Le vetrine sui due lati della via quasi si parlano, ma dev'essere un colloquio muto.
Un muro invisibile taglia quei pochi passi e separa sensazioni, emozioni, dolori.
La geografia però gioca brutti scherzi: ricompone e mescola passato e presente in un intreccio quasi soffocante. Tre anni fa Emilia Sandra Rico mandava avanti con il marito la gelateria che è attaccata alla pizzeria. Li per un certo periodo avevano dato una mano anche i due figli di lei; poi Reiver e Lisandra erano stati cacciati perché non si comportavano bene, non tenevano il passo giusto, pensavano solo a fare i soldi e a coltivare l'illusione di un benessere facile e a costo zero.
E cosi, ascoltando i discorsi fatti in famiglia, fra la gelateria e la pizzeria gestita dal cognato di Sandra Rico, i due scapestrati si mettono in testa di rapinare marito e moglie che da sempre mandano avanti il negozio di fronte. L'ultima sera, quasi a saturare l'atmosfera, i Burgato vanno a cena dai dirimpettai con cui sono in ottimi rapporti e alla loro tavola si unisce il figlio Michele. Reiver e Lisandra sono già ad attenderli nei pressi della loro villa, a cinque minuti di distanza.
Una mattanza che segna l'estate del 2012 e sconvolge una città che finiva sui giornali solo per le sbornie dei villeggianti e il fracasso della movida. Pagine e pagine di approfondimenti, reportage, servizi delle tv. Poi la svolta. Il massacro è nato sulla passeggiata di via Udine. I colpevoli sono quei due senza arte né parte, l'opposto della madre che dopo l'arrivo da Ciba si era guadagnata il rispetto dei vicini.
Lisandra confessa e viene condannata all'ergastolo; Reiver scappa a Cuba, ma viene catturato e si prende 20 anni di prigione. Potrebbe essere la fine della storia, ma risolto il giallo e lavato il sangue, lo spartito prevede ancora una trama romanzesca. Quasi una pagina strappata da un capitolo di Simenon. Michele si ritrova sulle spalle l'emporio di famiglia. Lui, per la verità, ne gestiva un secondo, pochi metri più in là, sempre in via Udine, in una toponomastica che non dà scampo e pare infine un labirinto. Non ci sono alternative: Burgato si ritrova a passare gran parte della giornata proprio di fronte alla gelateria in cui è maturato il crimine. Dopo lo sgomento dei primi tempi, la signora Emilia e il consorte la cedono ma lei non sparisce nel niente. No, passato un primo periodo di eclissi, ricompare al fianco del marito nella pizzeria del cognato.
Le finestre di fronte. Un affacciarsi e rintanarsi che mette i brividi. Un vocabolario di parole e silenzi chissà quanto profondo e però inutilizzabile. «A suo tempo – spiega l'avvocato Stefano Trabalza, legale di Burgato – la signora Emilia aveva scritto una lettera accorata al mio cliente ma lui ha ritenuto di non rispondere.
Però ha capito che anche la signora era vittima, come lui, della furia folle dei figli e questo l'ha aiutato a ritornare dietro il bancone. Proprio in quel luogo cosi difficile e tormentato».In un dialogo senza parole e che però oltrepassa l'orrore di una vicenda cosi atroce.