Politica

Questa riforma snatura lo Stato

Ho ascoltato l'intervento del capogruppo del Partito democratico nel dibattito al Senato. Una durissima arringa, quasi mussoliniana, contro le opposizioni, colpevoli, secondo lui, di non avere le sue stesse idee e gli stessi suoi comportamenti parlamentari, adottati dalla sinistra in modo da facilitare la fretta e le inclinazioni non propriamente democratiche di Matteo Renzi. E mi sono convinto che non voterò mai questa sinistra truffaldina che chiama riforma l'abolizione di una delle due Camere del Parlamento, nata, nel 1948, come contrappeso a quella dei deputati per garantire quell'equilibrio dei poteri, pur con tutti i suoi difetti, che è a maggiore garanzia della libertà e della democrazia che il fascismo aveva abolito instaurando la dittatura.

D'accordo che il bicameralismo era lento, macchinoso, inefficiente e persino, spesso, irritante. D'accordo che Renzi non è né Stalin, né Hitler e neppure Mussolini. Ma la fretta del Pd di andare incontro alle sue sbrigative esigenze decisionali, è inquietante. Renzi è il segretario del partito di maggioranza, nonché il capo del governo. Sostituire il bicameralismo con una camera dei rappresentanti locali che - perpetuandone e istituzionalizzandone i difetti, soprattutto in materia di gestione della cosa pubblica (leggi corruzione) e di malgoverno - completerebbe - per di più attraverso votazioni non a scrutinio segreto, come sta accadendo con il contributo complice e decisivo del (...)

(...) presidente dell'assemblea - l'occupazione dei maggiori centri di potere da parte della sinistra, istituzionalizzandoli. E tutto ciò è preoccupante.

Riforma? Quale riforma? Chiamare le cose con nomi diversi da quelli loro propri era un'abitudine propagandistica dei sovietici (che, evidentemente, questa sinistra che si spaccia per riformista ha bene appreso). Per decenni, il Cremlino aveva fatto passare il proprio dispotismo politico per democrazia e libertà, le miserevoli condizioni economiche in cui versava il popolo come progresso economico e sociale. Poi, il crollo dell'Urss ha rivelato l'inganno e qualcuno ha finalmente capito.

Il ricorso a tecniche propagandistiche era stato anche il modo col quale il nazismo era salito al potere in Germania. E mi sono fatto una convinzione. Questa sinistra truffaldina è la nuova versione del fascismo nell'era (falsamente) progressista. Non voterò chi cambia il significato delle parole per adottarne altre più suggestive, appetibili e cercare così di ingannarmi; tanto meno voterò chi, al riparo della propaganda (falsamente) riformista, sta cancellando, col bicameralismo, la forma e la natura dello Stato nato nel 1948.

L'Italia è avviata su una brutta strada, che le viene venduta come modernizzazione. Una strada che a me pare destinata a tradursi prima o poi in un sistema autoritario, in omaggio alle inclinazioni personali di Renzi, un ragazzotto, politicamente incolto, cinico e affabulatore, fautore del sistema di «un uomo solo al comando». Il potere sovietico metteva in manicomio chi vi si opponeva - e che, evidentemente, se non ne condivideva, e approvava, le generose (?) decisioni doveva essere matto. Di questo passo, con l'interessato ausilio di un sistema informativo servile che non ne parla, il rischio è di veder nascere, dietro lo schermo riformista, un sistema dispotico e personale. Il problema è prenderne atto e cercare di opporvisi almeno con le idee e le parole. La libertà di stampa, e di critica, aveva scritto Tocqueville nella Democrazia in America , è la garanzia di un sistema libero e democratico. Non mi pare ci siano oggi quelle condizioni da noi.

Non è questione di avercela con Renzi, o col Partito democratico - che fanno il loro mestiere e, in certe circostanze, io stesso non avrei difficoltà a votare sulla base del principio dell'utile alternanza in ogni democrazia matura. Qui si tratta di denunciare i pericoli di un andazzo che tende all'instaurazione di un sistema dispotico. Renzi, come tutti gli autocrati, fa passare per «rancore personale», dice, le critiche al regime nascente. Dal caso psicologico a quello politico è un altro passo verso il dispotismo.

piero.

ostellino@ilgiornale.it

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