Come non detto. Le famiglie rom (una sessantina di persone tra cui 33 bambini e 22 donne) destinate al centro di accoglienza di via dei Codirossoni, in zona Torre Maura, a Roma, verranno spostate altrove, divise in altre strutture su tutto il territorio romano. Il Campidoglio è stato costretto a cedere dopo le violente proteste di centinaia di cittadini che martedì, agitati da Casa Pound e Forza Nuova, hanno bruciato un'auto, dato alle fiamme cassonetti dopo averli usati per fare le barricate, bloccato la consegna dei pasti all'interno del centro facendo finire per terra, per poi calpestarli in segno di disprezzo, decine di panini destinati ai rom e ai migranti. Un gesto che ha suscitato l'indignazione generale, anche sul web.
Una vittoria per il quartiere periferico e degradato a est della capitale, esasperato dalla presenza nello stesso municipio di ben 15 dei 49 Sprar (centri per richiedenti asilo) della città e deciso a non mollare davanti a quello che considera l'ennesima imposizione che ha un impatto negativo sulla vita dei residenti. Una vicenda su cui indagare contestando l'aggravante dell'istigazione all'odio razziale per la Procura di Roma che ha aperto un'inchiesta per i reati di danneggiamento e minacce. Mentre la sindaca Virginia Raggi deve registrare un altro incidente di percorso nella gestione di rom e immigrati nella capitale. Per giustificare il dietrofront la prima cittadina M5s ha spiegato di essere intervenuta per evitare che la situazione degenerasse, in un quartiere dove si respira un clima molto pesante perché gravato per anni da problematiche e pressioni sociali. Quella di due giorni fa è stata la terza rivolta in poco più di quattro anni a Roma contro la presenza di migranti e rom nei centri di accoglienza disseminati nelle periferie. Quando sono cominciati i primi tumulti, nel novembre del 2014 a Tor Sapienza, per protestare contro l'arrivo di un gruppo di migranti nord africani, era ancora sindaco Ignazio Marino. E in tutti e tre i casi, alla fine, le istituzioni hanno preferito trasferire gli ospiti sgraditi.
La decisione di portare altrove i rom è arrivata nel corso della notte, dopo la guerriglia urbana che ha agitato il sonno degli abitanti di Torre Maura e al termine di una lunga trattativa tra il Campidoglio e i rappresentanti dei cittadini. Non era ancora giorno quando il capo di Gabinetto della sindaca, Stefano Castiglione, si è presentato ai residenti ancora asserragliati davanti al centro per assicurarli che in giornata avrebbero portato i via i rom. Il trasferimento in un'altra struttura dei primi 9 ospiti è avvenuto nel pomeriggio, con la polizia municipale che scortava il pulmino dei servizi sociali andato via tra gli applausi dei presenti. Gli altri rom, è stato assicurato, verranno progressivamente portati via. Ieri la situazione è rimasta comunque incandescente, i residenti del quartiere non hanno alcuna voglia di deporre le armi finché tutti i rom non se ne saranno andati. In serata qualcuno ha fatto esplodere una bomba carta sul retro del centro, mentre si scatenavano urla e saluti romani. I residenti fanno anche i turni per presidiare il centro di accoglienza, che rimane comunque sorvegliato dalle forze dell'ordine. «Finché non li mandano via non molliamo. Gli hanno dato sette giorni di tempo per andarsene, aspettiamo», dice una donna che abita poco distante. «Finché resta in piedi questa struttura per noi è un problema. Dentro è uno schifo adesso.
E pensare che è stata una casa degli studenti e poi una clinica che aiutava chi aveva problemi. Adesso hanno trovato il modo di farci i soldi mettendoci gli extracomunitari prima e poi i rom», incalza un'altra residente.
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