
Anna Falchi è andata a dire, nel salotto Rai di Caterina Balivo, che il catcalling (secondo la Treccani il comportamento dei pappagalli da strada, cioè persone che importunano le donne in modo insistente e grossolano) non è una molestia ma un "complimento gratificante". "Parliamo tanto di maschi che non sono più maschi e in fin dei conti, uno che ti rivolge un apprezzamento mentre magari sei al bar, in tuta e struccata, fa ancora piacere" ha sostenuto la showgirl. In studio è calato il gelo, l'ex signora Ricucci ha perfettamente avvertito il cambio di temperatura, poi, come spesso accade, un fugace silenzio ha permesso di passare oltre.
Ma da un certo punto di vista, la Falchi, la capiamo benissimo: prima di tutto perché Anna è del 1972, quindi fa parte di una generazione che non aveva ancora, e continua a non avere, la benché minima coscienza di cosa si possa pretendere da una società scevra dal machismo tipico dei poco dotati; secondo perché la Falchi è una donna che ha sempre avuto la fortuna di campare, e di lavorare, poggiandosi su un corredo genetico benedetto dalle fate. Normale, quindi, che abbia dimestichezza con l'approvazione maschile, in qualsiasi tono si manifesti. Ricordiamo che un tempo anche una mano sulle chiappe era un consenso inaspettato... Peccato che certi gesti e certe considerazioni non richiesti, estemporanei e fuori luogo, più che risultare sgraditi abbiano addirittura l'effetto di far sentire aggredite e quindi in pericolo un sacco di altre donne: cioè quelle di oggi. Che non hanno consuetudine con le vecchie storture, con il palcoscenico e con l'abitudine a sminuire le intollerabili volgarità degli impresari dello show business o dei fan molesti. Sono passati cinquant'anni e l'evoluzione della specie, quella femminile in particolare, ha insegnato che possiamo chiedere, mentre portiamo il cane a fare la pipì o andiamo all'Esselunga a comprare la cicoria, il lusso di essere lasciate in pace. Possiamo smettere di sentirci quarti di carne da mettere sulla grossolana pesa degli sguardi sporchi e possiamo addirittura invertire la tendenza delle aggressioni mascherate da complimenti. Chiedendo per esempio ai maschi complimentosi di fornirci altrettanto materiale per poter essere soppesati: tipo calarsi le braghe per permetterci di valutare la loro dotazione o di mostrarci il loro 730 che, com'è noto, è il secondo (se non il primo) fallo maschile. Ecco, con questo riposizionamento di ruoli, potremmo tornare a prendere in considerazione le ragioni di Anna Falchi su uomini, donne, complimenti non richiesti e presunte gratificazioni. Diversamente, una pacca sul di dietro, un fischio di approvazione, un commento carico di bava non richiesta e di troppo colore restano molestie. Perché oggi, a differenza del 1972, sappiamo che lo sono.
Rimangono comunque, a disposizione dei signori, un'infinita gamma di modi e toni e fantasie per gratificare, qualora davvero lo volessero e ne fossero in grado. Non è all'evirazione dei maschi che puntiamo. È alla semplice speranza di poterne incontrare ancora qualcuno.