La Rai renziana usa il canone per diventare Telereferendum

Viale Mazzini prepara un'infornata di programmi per tirare la volata al Sì. Alla faccia dei telespettatori

La Rai renziana usa il canone per diventare Telereferendum

Fatti i direttori e pure i vicedirettori (ben 25, «un numero impressionante, altro che tagli!» protesta il piddino Anzaldi) per garantire la linea desiderata dai vertici di Viale Mazzini, la Rai è pronta a trasformarsi in Rai-ferendum, o TeleReferendum. Un piano preciso per l'area news in verità non c'è, anche se il direttore unico dell'informazione Rai, Carlo Verdelli, ci lavora da mesi con valenti e ben retribuiti consiglieri (i consiglieri Rai sono molto innervositi dal ritardo). Ma il dg Dall'Orto ha comunque spiegato a grandi linee al Cda, e poi alla Vigilanza parlamentare, come cambierà il palinsesto della tv pubblica in vista della consultazione del 4 dicembre. Di cui peraltro si parla già da mesi in Rai, finora con una sproporzione a favore delle ragioni del Sì certificata dall'AgCom nell'ultimo mese analizzato (luglio) con un 51,3% di tempo per i sostenitori del Sì contro il 36,4% del No (gli altri sono catalogati come «neutri»). Ma l'esito referendario dipenderà dalla massa di elettori ancora indecisi, ed è a loro soprattutto che parlerà la Rai schierando i nuovi programmi pensati ad hoc per il referendum sulla riforma renziana della Costituzione (da qualche giorno è entrata in vigore la par condicio, ancora in forma soft fino a 45 giorni prima del voto), nel trimestre in cui incasserà le rate del canone Rai la cui riscossione, grazie all'espediente della bolletta, stando ai rumors governativi sta andando molto bene.

Ma come sarà questa Rai-ferendum? Il programma Politics, voluto dalla Bignardi in sostituzione di Ballarò ma già oltre il livello di guardia per lo share minimalista, verrà riadattato all'esigenza referendaria: «La direzione che lo segue ha già deciso che faremo una programmazione più legata al referendum fino al 4 dicembre - spiega il direttore generale Rai - Poi la formula sarà ripensata». In sostanza il talk di RaiTre diventa una tribuna elettorale per il referendum, con un nuovo nome Tribuna Politics, poi si vedrà che farne. «Ci siamo impegnati a fare anche attività ulteriori a quelle richieste sul fronte del quesito referendario - spiega ancora Dall'Orto - Ne cito alcune: tre prime serate su Rai1; una parte che riguarderà, invece, la fascia di access prime time (cioè la fascia tra la fine dei tg e la prima serata, ndr), sempre su Rai1 a cura del Tg1, un'altra curata dal Tg2». Si lavora ad una striscia dopo il Tg1, tutte le sere nelle settimane prima del voto. Non si sa chi condurrà gli speciali serali, ma tutti i conduttori non di stretta osservanza renziana (da Giannini a Porro) sono stati già fatti fuori dalla Rai, quindi non ci saranno problemi a trovare i nomi adatti. Il referendum invaderà anche gli spazi informativi già presenti «da Unomattina a Linea Notte, da Agorà a In mezz'ora» spiega la Rai, ma anche la Radio Rai, RaiNews24, RaiParlamento e pure la TgR saranno invase dai dibattiti sul referendum. Mentre la Berlinguer, come compensazione per aver perso la direzione del Tg3 (è in quota minoranza Pd) avrà un programma suo, che si chiamerà Carta Bianca. Che parlerà, ovviamente, del referendum.

Una data da cui dipenderanno probabilmente anche le sorti dei vertici Rai, sempre più in difficoltà tra flop, grane con l'Anac e tetto degli stipendi per legge, che «avrà conseguenze sulla capacità di attrarre persone importanti in ruoli chiave» avverte

Dall'Orto, costretto a tagliarsi lo stipendio da 650mila a 240mila euro. Nuovo problema, poi, con l'Istat, che ha inserito la Rai tra le Pa, con effetti su contratti e appalti. La Rai si oppone ed è pronta a fare ricorso.

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