Non un morto. Non un parto. Non i tanti reati commessi. Non le polemiche politiche. Non il rischio di un'alluvione di contagi. Non la paura del disastro ambientale. Nulla riesce a fermare il rave illegale sul lago di Mezzano nel comune di Valenzano, nel Viterbese.
Da cinque giorni migliaia di persone, qualcuno dice dieci, sono accampate nella campagna della Tuscia. Le foto scattate dai droni mostrano centinaia e centinaia di automobili, camion, camper, tende. Una cittadella senza regole e senza igiene che di notte balla al ritmo di musica che rimbomba per chilometri e disturba i residenti di Pitigliano e di Latera e di giorno dorme. Una Rave City dove accade di tutto. Anche di morire, come è accaduto al venticinquenne che la sera di Ferragosto si è tuffato nelle acque del lago ed è stato ripescato cadavere dopo ore di ricerche. E anche di nascere, come racconta un ventenne che il rave l'ha lasciato per tornare a Torino e ai giornalisti dice di aver visto arrivare un'ambulanza per assistere la neomamma: «Credo che a nascere sia stata una bambina». Chissà se è vero.
Se lo è, il conto della vita è in pareggio. Non lo è quello della sicurezza, visto che testimoni parlano di stupri, di ragazzi in coma etilico, in overdose, di risse. Non lo è quello di un territorio che uscirà a pezzi da questi cinque giorni da Woodstock all'acquacotta, quello delle istituzioni che appaiono paralizzate di fronte a un evento che nessuno è riuscito a fermare. Nemmeno il questore di Viterbo Giancarlo Sant'Elia, che alle prove di forza ha preferito la mediazione. Un cordone sanitario attorno alla vasta area, nessuno entra più, si esce soltanto, si tollera bonariamente quanto accade all'interno, dove agenti in borghese cercano di convincere gli organizzatori a piantarla lì, finalmente. Una scelta che ha suscitato levate di scudi politiche (di cui riferiamo a fianco) ma che ieri il portavoce dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, Girolamo Lacquaniti, irritato all'idea di una «resa dello Stato», ha difeso così: «Il terreno privato (non pubblico) oltre a essere particolarmente vastò è stato occupato da decine di tir e vede la presenza di migliaia di persone, in più è presente vegetazione secca, facilmente infiammabile. In uno scenario di questo tipo l'intervento prevederebbe un uso della forza che dovrebbe tenere conto dei rischi connessi al movimento di mezzi pesanti tra la folla» e all'uso «dei lacrimogeni rischia d'innescare incendi».
La Procura di Viterbo ha aperto un fascicolo di indagine per morte in conseguenza di altro reato sul decesso del venticinquenne, sul cui corpo verrà effettuata l'autopsia. Ma la Rave City di Mezzano continua a vivere, anche se si vedono segnali che annunciano la fine della kermesse. Molte auto ieri hanno lasciato l'enorme radura, tutte controllate dalle forze dell'ordine, mentre altri ballavano, si riposavano, radunavano le loro cose, riempivano centinaia di sacchi di spazzatura. Di mascherine, a Mezzano, se ne vedono davvero poche e questo fa sorgere molti timori su un possibile cluster di Covid-19.
L'emergenza sanitaria va a braccetto con quella ambientale. «L'area del raduno - si allarma il sindaco di Valentano Stefano Bigiotti - è un territorio protetto, fragile e di pregio, un sito di interesse comunitario. Mi auguro che le conseguenze non siano irreparabili».
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