Moda

Il re spagnolo delle T-shirt americane

Dopo aver conquistato gli Usa porta le sue "magliette opere d'arte" anche a Milano

Il re spagnolo delle T-shirt americane

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Il re spagnolo delle T-shirt americane

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Di nome fa Custodio e di cognome Dalmau ma nel mondo della moda tutti lo conoscono come Custo Barcelona, il designer spagnolo che ha insegnato agli americani a fare le T-shirt. La sua carriera comincia per caso, quando molla l'università per fare il giro del mondo in moto con suo fratello David. «Ero iscritto ad architettura ma non avevo tanta voglia di studiare quanto di disegnare» confessa Custo raccontando dei due anni passati a viaggiare inseguendo i sogni più dei bisogni. «Andiamo in California per imparare il surf» si dicono un giorno i due fratelli che, una volta arrivati a San Diego, non impareranno mai a volare sulle onde con una tavola, ma riusciranno a mettere le ali della libertà, del colore e della fantasia a delle semplici magliette tagliate a T.

Da quel momento in poi comincia un'avventura che lo porta a sfilare per 14 anni in Spagna fino a quando nel 1997 non diventa il primo stilista straniero invitato alla fashion week di New York dove ha sfilato anche la settimana scorsa con parte della collezione che sarà in passerella questa sera a Milano.

Come mai una doppia sfilata?

«Per noi l'America resta il primo mercato, il Paese in cui abbiamo imparato a lavorare nella moda, ma dopo 25 anni di passerelle newyorkesi era giusto raccontare la nostra storia anche qui in Europa. Infatti oltre allo show abbiamo preparato anche una retrospettiva delle nostre T-shirt più belle: dalla prima creata nel 1981 con un'onda e una palma disegnate in bianco sul cotone blu Klein a quella indossata da Julia Roberts nel 1998 che ci ha fatto conoscere allo star system americano».

Ma le T-shirt sono un classico dell'abbigliamento made in USA, cos'hanno di diverso le sue?

«Sono sempre state grafiche, pittoriche e piene di colore. Negli anni Settanta le T-shirt erano una piattaforma di messaggi. Qui in Europa i giovani portavano quelle con la faccia di Che Guevara oppure gli innamorati di Peynet mentre in America erano tutte bianche tranne quelle con i disegni tribali dei surfisti. Io sono entrato in quel filone con la mia anima di uomo del sud, nato e cresciuto in una latitudine solare. Ho imparato dopo a fare moda. Perché questa è un'industria complessa, non basta saper fare le T-shirt».

Si può dire che lo stile dei suoi disegni sia la sua firma?

«Spero proprio di sì. Del resto ho decorato il ferry boat in servizio tutti i giorni da Fort Lauderdale e Nassau, un aereo della Vueling, un intero albergo in Messico e ho progettato una stazione della metropolitana di Barcellona che deve essere ancora realizzata. Poi ci sono i vestiti e ovviamente le magliette che cambiano stagione dopo stagione ma hanno lo stesso gusto grafico per non dire artistico».

Cosa farà vedere questa sera in apertura della fashion week di Milano?

«Non posso rivelare molto in anteprima ma la collezione si chiama We Art Custo e c'è dentro molto della mia storia.

Sfila anche Montana, la seconda dei miei cinque figli».

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