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Ma il "Recovery" non l'ha letto neppure Gualtieri

I balbetii del ministro nelle ricostruzioni dei renziani. Si allungano i tempi del piano

Ma il "Recovery" non l'ha letto neppure Gualtieri

È ancora presto per stabilire chi ha vinto e chi ha perso, nell'ennesimo round della «verifica». Lo dice Conte, che con i suoi ammette di non avere ancora capito come finirà con Renzi; lo dicono nel Pd, dove ancora non hanno compreso quante concessioni abbia fatto il premier ad Iv e quali sia davvero disposto a fare a loro. «Davvero si è rimangiato la task force, come dice la Bellanova? E la delega sui servizi segreti quando la molla?», si chiedevano i dem in Parlamento ieri.

Sul tema task force, secondo il resoconto di alcuni partecipanti, sarebbe andato in scena un imbarazzante siparietto tra il premier e la delegazione di Iv, che lo accusava di aver tentato il blitz per varare in Cdm la sua cabina di regia. «Ma chi ha detto che volevo farlo con un emendamento alla finanziaria?», si è difeso Conte. «Voi presidente, all'articolo 184 della legge di bilancio», lo ha fulminato Maria Elena Boschi. «Impossibile!», ha continuato a negare lui. E Teresa Bellanova: «Ma ci stai prendendo in giro?». A quel punto, raccontano, gli imbarazzati ministri Gualtieri e Fraccaro hanno dovuto ammettere che «effettivamente era così», smentendo il presidente del Consiglio che fingeva di cadere dalle nuvole. Ma lo stesso ministro dell'Economia si è ritrovato nel mirino dei renziani, quando a loro dire, durante il summit, ha ammesso di non aver letto alcuni fondamentali capitoli della bozza di Recovery plan presentata ieri dal premier. «Se un merito lo abbiamo avuto - dicono da Iv - è quello di aver costretto Conte a far mettere nero su bianco da Amendola, che è l'unico che ne capisce, un piano che finora era solo fumo ma che la Ue aspetta».

Dunque la triade Conte-Gualtieri-Patuanelli come registi del Recovery plan sembra tramontata, per la gioia di Renzi ma anche di Di Maio e compagni, che non avevano alcuna intenzione di lasciare al ministro dello Sviluppo economico, considerato un obbediente fan di Conte, il ruolo di protagonista. Una struttura di governance ci dovrà comunque essere, come ricorda ragionevolmente il ministro Amendola: «È la stessa Unione europea a chiederlo, vuole una struttura che monitori i progetti finanziati dalla Ue».

Ma l'incognita principale, nell'immediato, è quella dei tempi. Al Nazareno sono preoccupati dal ritardo accumulato. La tabella di marcia immaginata dal premier, secondo cui il piano sarebbe stato varato dal Consiglio dei ministri prima della fine dell'anno, va con ogni probabilità a farsi benedire. Quello dei dem, che avrebbero voluto già oggi la pratica in Cdm, ancora di più: oggi si parlerà solo di Milleproroghe.

Secondo fonti di governo, solo il 28 dicembre (a legge di Bilancio, si spera, approvata anche dal Senato) inizieranno le riunioni al Mef per definire i saldi dei vari capitoli del Recovery plan. Una volta pronti quelli, il dossier approderà in Cdm, per poi essere mandato all'esame del Parlamento. Secondo il ministro Amendola, entro febbraio il piano potrà essere presentato a Bruxelles. A Conte, che chiedeva a Iv di far avere le sue proposte entro lunedì, la Boschi ha fatto notare che fino a fine anno il Parlamento sarà bloccato sulla legge di bilancio.

Una cosa è certa: i renziani non permetteranno al premier - nella conferenza stampa di fine d'anno che si terrà il 30 dicembre - di vantarsi, come avrebbe voluto fare, di aver varato il suo piano.

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