Un reddito di cittadinanza su misura per i «furbetti». Il sospetto sull'estrema difficoltà nel garantire una giusta erogazione del sussidio, a dire il vero, c'è sempre stata. Ma a pochi giorni dal varo della legge di Bilancio 2019 e nelle more dell'emanazione del decreto ad hoc per il basic income tutti i dubbi continuano a venire a galla in maniera sempre più insistente.
Ieri se n'è fatta portavoce la deputata di Forza Italia, Elvira Savino, che ha ricordato come «l'organico dell'Ispettorato del lavoro conta in totale circa 6mila persone» e che se «tutti, ma proprio tutti, dal più alto dei dirigenti all'impiegato al custode notturno, si mettessero a controllare i percettori del reddito di cittadinanza (che secondo il governo dovrebbero essere i 6 milioni di poveri), vorrebbe dire che ogni ispettore dovrebbe controllare ogni giorno ben mille persone».
In realtà, almeno nel 2019 la misura si rivolgerà a 1,375 milioni di nuclei familiari su una platea potenziale di 1,8 milioni di famiglie. Ma considerando valide le stime lasciate trapelare dal ministro del Lavoro e vicepremier, Luigi Di Maio, sul coinvolgimento di almeno 4,5-5 mlioni di italiani, si comprende bene come gli organici in forza alle strutture pubbliche siano comunque insufficienti. Tant'è vero che la manovra ha predisposto una dotazione di un miliardo per rafforzare i centri per l'impiego che attualmente contano su circa 9mila dipendenti di cui 1.500 circa a tempo determinato. Insomma, i nodi al pettine non riguardano solo la verifica dell'assegnazione del reddito ex post ma anche il processo ex ante viste le piante organiche estremamente striminzite e la necessità di reperire personale competente.
Savino osserva, inoltre, che se l'Ispettorato del lavoro si concentrasse sui «furbetti» del reddito di cittadinanza, non potrebbe assolvere in maniera efficiente alla sorveglianza degli assenteisti. «Non ci riuscirebbe neppure se tutti fossero nello stesso luogo, ma stiamo parlando di persone che si trovano ognuna in un posto differente», osserva. Ma, aggiunge la deputata azzurra, «c'è un ulteriore problema: anche gli ispettori del lavoro si assentano dal lavoro». Secondo gli ultimi dati statistici pubblicati sul sito dell'Ispettorato del lavoro, il 24,8% delle 537 persone impiegate negli uffici territoriali della Campania risulta assente dal lavoro. Una persona su 4 in media non si reca al lavoro e dunque anche le attività di controllo risultano rallentate. Indipendentemente dall'assegnazione per intero dei famosi 780 euro mensili nelle Regioni meridionali si prospettano notevoli difficoltà nel contrasto delle frodi. Un lavoratore in nero, ad esempio, potrebbe accedere al reddito di cittadinanza e continuare più o meno liberamente la propria «attività lavorativa» salvo fornire la disponibilità a massime otto ore settimanali per servizi di utilità.
Un'altra aporia evidenziata da Elvira Savino riguarda i tutor o navigator, ossia i consulenti che dovranno occuparsi di ciascun beneficiario del reddito di cittadinanza per facilitarne l'inserimento nel mondo del lavoro. Anche su questo capitolo le informazioni sono contraddittorie. Il ministro Di Maio aveva anticipato che la loro retribuzione sarà legata al numero di persone «orientate» e che la loro formazione sarebbe stata effettuata anche al di fuori dei centri per l'impiego. Al di là del molto probabile coinvolgimento delle agenzie per il lavoro che hanno già notevole esperienza nel campo della formazione per il reinserimento dei lavoratori, restano comunque i dubbi sulla possibilità di reclutare nuovo personale qualificato per queste mansioni.
Servirebbero, infatti, psicologi, consulenti del lavoro e sociologi, cioè profili la cui retribuzione appartiene quanto meno ala fascia media se non addirittura alta. Ecco perché, conclude la deputata, «il governo ha promesso qualcosa che non può mantenere perché non ci sono soldi, non c'è il personale idoneo, non ci sono le strutture e non ci sono i controlli».
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