Referendum, gaffe su Israele «Gerusalemme? In Palestina»

Altro scivolone dopo il pasticcio sul sito del Sì Renzi prova a difendersi: non è propaganda

Ultimi venti giorni di campagna «dopo di Me il diluvio». Sotto la luna più grande del secolo, come negli anni più bui del Medioevo, dalle Alpi a Cariddi si aggirano millennials incappucciati e mascherati. Ormai disposti a tutto perché l'economia va giù, lo spread su, mentre i sondaggi li fotografano sereni e sepolti, essi diffondono ogni tipo d'intruglio per approfittare della credulità popolare. Chi dovesse avvistarne uno, è pregato di opporre un fermo No: il morbo recato, dal nome minaccioso di cazzata fiorentina, è quanto di più grave per l'incolumità economica, morale e psicologica degli italiani, che possono esser raggiunti, perseguitati e contagiati davanti alla tv e persino all'estero.

QUELLO CHE «SA». Irride le gaffe degli altri, ma non è affatto da meno. Matteo da Rignano, che ora si fa passare per premier ora per leader pidì, invia letterine (ma chi paga?) grondanti refusi. Quella recapitata agli israeliani residenti in Gerusalemme viene accolta da qualche giorno da «gran sorrisi» e, ancor più di frequente, da imprecazioni irriferibili. Lo Stato in cui si trova Gerusalemme viene, infatti, indicato come «Palestina». «Forse la letterina è stata compilata dal rappresentante del nostro governo all'Unesco, quello convinto che il Muro del Pianto sia arabo?», osservano i leghisti Calderoli e Grimoldi. Non sarà forte in geografia, né in storia né in diplomazia, questo Renzino sull'Arno. Ma in diritto costituzionale è un genio (vedi sotto); master in «demolizione» conseguito presso Isis a Palmira.

QUELLO CHE «INSEGNA». Avvistato all'Università Cattolica di Milano. Ha premesso: «Questa non è un'iniziativa di propaganda. Il mio obbiettivo è uscir più ricco e far scattare il meccanismo del cittadino consapevole». Consapevole di che? «Il bicameralismo paritario è una sconfitta della Costituente», la prima sentenza dell'innovativo giurista. Il suo professore all'università, Ugo De Siervo, non l'ha mai visto da studente, l'ha sconfessato da premier e per la vergogna s'è iscritto subito a un comitato per il «No». Il falso docente, tal Matteone florentino, tirando fuori tre tavolette e sfidando lo spergiuro ha continuato: «Io non sono stato eletto premier? Nessun premier è stato eletto direttamente in 60 anni». Imparzialmente, ha ricordato che i Padri costituenti per telefono gli hanno confermato il «Sì» alla riforma. Gioiellino che dà «più poteri alla Camera ma quelli del premier restano uguali». I federalisti? «Saranno contentissimi, se il loro sindaco va a Roma. O no?». No, no e no.

QUELLO CHE «VIAGGIA». Poco dopo era a Bergamo: davanti a una platea che supponeva para-leghista, ha chiesto l'applauso per la mamma del governatore lombardo Maroni, morta ieri. Domani (in elicottero?) raggiungerà la Sicilia per continuare la predicazione. Mercoledì sbarcherà in Sardegna per agguantare il «Sì» al referendum anche dal presidente cinese Xi-Jinping, in transito per il Perù.

QUELLO CHE «TRUMP».

Dopo il tripudio di bandiere nazionali, l'infaticabile battutista con sede a Palazzo Chigi ha tenuto a precisare, a coloro che lo ricordavano in ginocchio davanti a Obama e Hillary, che «sono stato tra i primi a telefonare a Trump»; che «ho augurato un grande in bocca al lupo a Trump»; che «l'Italia darà la massima collaborazione a Trump»; che «quel che davvero farà Trump è prematuro dirlo»; che il «muro tra Usa e Messico l'ha fatto Clinton, mica Trump»; che «la maggioranza silenziosa, come quella di Trump, sta con noi»: che «votare sì al referendum italiano è un voto anti-sistema» (proprio come quello per Trump).

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