Dicembre tempo di regali. Ma mica per il Natale, per il referendum. C'è una categoria poi in particolare che aspetta ogni elezione come Babbo Natale, i dipendenti pubblici. Appena si vota, qualcosa per loro arriva, del resto sono un blocco elettorale da più di 3 milioni di voti. Prima delle europee 2014 furono i famosi 80 euro in busta paga, incassati da uno statale su quattro, circa 800mila impiegati pubblici che hanno quindi avuto un aumento di reddito netto già nel 2014.
Stavolta, a tre giorni dal referendum, arriva il rinnovo al rialzo del loro contratto, con 85 euro di aumento in busta paga mensile, per un aggravio di spesa pubblica a regime pari a 3 miliardi di euro. Mica male no? Anche perché lo stipendio dei dipendenti pubblici cresce mentre i prezzi ristagnano e addirittura scendono, perché l'Italia è in deflazione. E poi perché se i contratti degli statali sono fermi da qualche anno, quelli di tutti gli altri lavoratori lo sono ancora di più, tanto che in media calcola la Cgia di Mestre gli statali guadagnano 2mila euro in più dei dipendenti privati (oltre ad avere il posto garantito a vita).
Ma oltre all'aumento di stipendio indipendente da qualsiasi merito, c'è un'altra chicca, dal netto sapore di mancia elettorale, nella bozza appena siglata dal governo: il «bonus presenze», un'idea che sembra uscita dall'ultimo film di Checco Zalone. La descrizione tecnica: «Le parti - si legge nella bozza - si impegnano ad individuare, con cadenza annuale, criteri e indicatori al fine di misurare l'efficacia delle prestazioni delle amministrazioni e la loro produttività collettiva con misure contrattuali che incentivino più elevati tassi medi di presenza». La traduzione pratica: il dipendente pubblico va effettivamente a lavorare invece di timbrare il cartellino e andarsene in spiaggia? Ecco, per questo stacanovista che, pagato dallo Stato per lavorare è così integerrimo da andare veramente a lavorare, scatta il premio presenza per ricompensare lo sforzo inaudito. Pagati per non essere assenti, incentivati per non fingersi malati.
Va detto che, come le scarpe di Achille Lauro, anche il regalino per gli statali (con implicito invito a votare Sì) è diviso in due tempi, prima e dopo il voto. Per il momento il governo prende l'impegno, ma per vedere i soldi in busta paga i dipendenti pubblici devono ancora aspettare. Anche le modalità su come premiare gli eroi della Pa che lavorano e non si assentano, o su come evitare che l'aumento mensile non faccia sforare il tetto che dà diritto agli 80 euro guadagnati due anni fa con l'altra iniziativa di Renzi, sono rimandati al dopo voto. La ministra della Pa, Marianna Madia, si è impegnata ufficialmente con i sindacati a studiare il modo per far cumulare entrambi gli aumenti alla maggioranza dei dipendenti pubblici interessati (che così in due anni di grave crisi economica riuscirebbero a portarsi a casa 160 euro di aumento di stipendio mensile, un miraggio per molti italiani che non lavorano per lo Stato). Al momento, però, i soldi non ci sono. «È un accordo fuffa, solo politico, che non ha nessuna validità giuridica - attacca l'azzurro Renato Brunetta, ex ministro della Pa - Gli 85 euro medi promessi saranno disponibili, eventualmente, solo dal 1° gennaio 2018 (cambiale per un prossimo governo). Attualmente disponibili meno di 30 euro netti mensili.
Ma la parte migliore riguarda quella normativa che fa tornare indietro la lancetta di 10 anni. Si contratterà su tutto, valutazione, incentivi che saranno dati tutti a pioggia. La perla è comunque l'incentivo dato alla presenza, baluardo della contrattazione degli anni '80: ti pago solo perché sei presente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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