"È un regime". Rissa filosofica sul green pass

I green pass ha scatenato un dibattito filosofico di alto profilo, non solo in Italia. Da noi gli animatori della diatriba finora sono Massimo Cacciari, Giorgio Agamben, Paolo Flores D'Arcais. Il primo a intervenire è stato Agamben

"È un regime". Rissa filosofica sul green pass

I green pass ha scatenato un dibattito filosofico di alto profilo, non solo in Italia. Da noi gli animatori della diatriba finora sono Massimo Cacciari, Giorgio Agamben, Paolo Flores D'Arcais. Il primo a intervenire è stato Agamben, sul sito della casa editrice Quodlibet, con un articolo intitolato «Cittadini di seconda classe» dove parla di «regime dispotico di emergenza», e «garanzie costituzionali sospese». Quasi ossessionato dal passaporto vaccinale, Agamben due giorni dopo è tornato ad attaccare la «tessera verde», per lui «del tutto analogo al passaporto interno che nel regime sovietico ognuno doveva avere per potersi spostare».

Non contento, il filosofo si è quindi unito ad un altro maestro, Massimo Cacciari, per lanciare un allarme sul prestigioso sito dell'Istituto Italiano degli studi filosofici di Napoli. Il green pass realizza una «discriminazione di una categoria di persone», i non vaccinati, «di per sé un fatto gravissimo le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica» scrivono i due filosofi. Vedono le premesse di «un regime dispotico», che permette di discriminare e controllare le vite delle persone dall'altra, «qualcosa che la coscienza democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire».

Il dibattito è proseguito con Paolo Flores D'Arcais su Micromega, che si rivolge a Cacciari e Agamben chiedendo ironicamente perché non si siano scagliati contro l'introduzione della patente di guida, quella «pratica di discriminazione che non consente di guidare liberamente un'automobile». Si attedono ulteriori sviluppi del dibattito accademico.

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