Coronavirus

Regioni, pressing sul governo. Negozi al lavoro già da lunedì

Chiesta la ripartenza del commercio al dettaglio dall'11 E dal 17 poteri agli enti locali. Ma Boccia frena ancora

Regioni, pressing sul governo. Negozi al lavoro già da lunedì

Dopo giorni di pressing su Roma per accelerare, le Regioni chiedono di anticipare di una settimana. Vogliono che si riparta col commercio al dettaglio dall'11 maggio e poi, dal 18, scaduto il dpcm, avere le mani libere su come riaprire il resto. Ma chiedono anche una cabina di regia nazionale per riaprire gli impianti sportivi, da oggi al via libera in Lombardia.

È il presidente della Liguria Giovanni Toti a sintetizzare le richieste fatte dai governatori ieri a Palazzo Chigi: «La conferenza delle Regioni all'unanimità ha approvato un documento che chiede che fin da lunedì 11 maggio si possa riaprire il commercio al dettaglio e che dal 17, quando scadrà il dpcm firmato il 26 aprile scorso, questa norma decada e venga totalmente attribuito alle regioni la responsabilità di elaborare un calendario completo di riaperture sin dal 18 maggio».

In testa c'è il Veneto, che guida le istanze di un nord che freme per riaccendere i motori. Preoccupano le molte attività che denunciano di non essere già più in grado di riaprire. Il governatore Luca Zaia annuncia di essere «pronto a far ripartire tutto anche prima del 18. Voglio proporre di poter aprire tutto, sempre seguendo le indicazioni sanitarie. Però pensare che il capro espiatorio di questa partita siano parrucchieri, estetisti o negozi, decisamente no. Altri colleghi la pensano come me». Quella del primo giugno indicata dal governo come data di riapertura per ristoranti, bar e parrucchieri, aggiunge, «è assolutamente inopportuna. Il quadro sanitario ed epidemiologico è del tutto cambiato rispetto a 15 giorni fa. E ovviamente per apertura intendo anche delle spiagge e di tutto il prodotto turistico, non solo perché sono in ginocchio ma anche perché in spiaggia con regole minimali si può mantenere le distanze».

Ma prima di qualsiasi decisione il governo attende gli esiti del monitoraggio sulle prime due settimane del Paese fuori dal lockdown. È sulla base di quei dati che il comitato tecnico scientifico e l'esecutivo decideranno come proseguire con le ripartenze, differenziando tra regioni e regioni a seconda dei parametri. Tanto che l'ha ribadito in video conferenza il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia: solo dall'11 maggio ci sarà un'analisi dei dati del ministero della Salute. Dunque, è un no.

Ma sarà troppo tardi per il governatore del Friuli Venezia, Giulia Massimiliano Fedriga: «Trovo personalmente molto difficile giustificare la scelta del governo di permettere l'apertura a aziende con tremila dipendenti e imporre la chiusura a un negozio di borsette. Così - dice - si va a infierire su categorie piccole e piccolissime che chiedono di aprire bottega per mantenere la famiglia». La Toscana chiede che dall'11 riaprano almeno i negozi di vicinato. Il Piemonte fa notare che «l'Italia ha aree con situazioni diverse», e che ogni scelta dovrà essere calibrata «sull'andamento del contagio».

Il richiamo alla prudenza arriva ancora dal presidente dell'istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro: «Non siamo ancora in grado di immaginare un'eradicazione, che sarà possibile solo con il vaccino». E ricorda che la fase 2 è «basata sul monitoraggio a livello nazionale e regionale per intercettare focolai».

Prima si monitora, poi si riapre.

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