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Renzi già smentito dai dati dell'Istat: la ripresa non c'è

Ottimismo elettorale che cozza con la realtà. Tutti gli indicatori peggiori della media Ue

Renzi già smentito dai dati dell'Istat: la ripresa non c'è

Il gallo di Matteo Renzi ha cantato troppo presto. Non è vero che la ripresa economica in Italia si va irrobustendo, come lui ha sostenuto interpretando con una forzatura i dati sulla disoccupazione e l'indice Pmi sugli ordinativi e le prospettive delle imprese italiane in aprile. La nota mensile sull'andamento dell'economia nel quadro di quella internazionale, diffusa ieri dall'Istat mostra un quadro realistico diverso da quello che ha fatto fare chicchirichì al gallo di Renzi. La ripresa nel resto dell'Eurozona si va rafforzando, con un ritmo di crescita del Pil attorno al 2% su base annua e un notevole calo della disoccupazione. La Spagna va meglio della media e l'Italia, peggio della media, come prima.
Nel complesso ad aprile l'indice anticipatore dell'andamento economico in Italia risulta bensì positivo come in precedenza, ma con una decelerazione. Nella lingua normale, non in quello della propaganda elettoralistica, la decelerazione è l'opposto dell'accelerazione. Anche le attese sull'occupazione per i successivi tre mesi risultano moderate. C'è un lieve peggioramento nei servizi, una stabilità nella manifattura e un miglioramento nel commercio e nelle costruzioni. Per quel che riguarda l'andamento della produzione in settori importanti per la crescita dell'economia, come quello degli investimenti, si registra una persistente debolezza nell'industria delle costruzioni, mentre va bene il commercio estero.
La domanda interna resta debole, nonostante le politiche adottate per sostenere i consumi mediante bonus vari che peggiorano il pubblico bilancio. Anche nel campo dell'inflazione andiamo peggio che nel resto dell'Eurozona: in Italia vi è un aumento dell'inflazione superiore alla media dell'area euro. Per la prima volta dall'inizio del 2016 vi è un'inversione nel segno del differenziale inflazionistico tra Italia e Eurolandia. È vero che un po' di inflazione aiuta a ridurre il peso del debito pubblico, ma l'inflazione differenziale rispetto ai concorrenti non ci aiuta a competere.
In sintesi, la ripresa c'è ma non è robusta. Abbiamo una inflazione differenziale rispetto alla media dell'euro zona. La nostra disoccupazione è vicina al 12 per cento. Circostanza che, presumibilmente, dipende dal fatto che il Jobs Act, abrogando la berlusconiana legge Biagi ha, di fatto, irrigidito il mercato del lavoro. La situazione è di recente peggiorata con l'abolizione dei voucher. Di certo non si può dare la colpa della nostra bassa crescita alla politica monetaria dell'Eurozona che, attualmente, è quanto mai permissiva.
Come ha osservato l'altro ieri Mario Draghi la ripresa in Europa ha due velocità perché alcuni Paesi non hanno fatto le riforme necessarie, mentre altri le hanno fatte. L'Italia ha, in effetti, compiuto una ampia riforma del mercato del lavoro, ma si tratta di una legge sbagliata, che ha peggiorato le cose, perché accentratrice e verticista anziché decentratrice e liberalizzatrice. Si son fatte anche manovre e manovrine per ridurre il deficit di bilancio, ma troppo sul lato delle imposte e poco su quello delle spese correnti, mentre gli investimenti in infrastrutture, in grandi opere, e nella ricostruzione dopo il sisma sono stata rallentati dalla abrogazione delle politiche berlusconiane.

È il modello economico del Partito democratico, nelle sue varie versioni, che ci rallenta.

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