D'accordo che l'intera parabola di Matteo Renzi passerà alla storia per i Papà, il suo e quelli dell'altra «meglio gioventù» del Giglio magico; e poi anche per mamme burbere, nonne premurose, zie materne e moglie Agnese, «la mia forza». E come dimenticare i tanti amici «fraterni»? Chi prodigo di appartamento, chi esperto di cyber-spionaggio, chi di «cimici-spia» da rimuovere. Parenteide infinita, a volte persino accattivante. Ma ora, forse, si sta esagerando.
E non lo si direbbe perché D'Alema sembra a un passo dal pretendere l'intervento di telefono azzurro, preoccupato per l'odio instillato in quelle pareti di Pontassieve (lo si dirà), quanto piuttosto per la discreta cugina di Matteo, Elisa Simoni. Compagna di giochi infantili, eppure sempre lontana da chiacchiere e pettegolezzi. Approdata alla Camera senza clamori nelle vesti di deputata pd, già dirigente del partito in Toscana, la simpatica signora dal cuore sicuramente più a sinistra di Matteo deve aver seguito con comprensibili spasmi e languori l'ascesa del Consanguineo. Ma anche con un pizzico di rabbia e disagio, si apprende ora, per la deriva intrapresa e per «l'elettorato che ci abbandona». La goccia che ha fatto traboccare il vaso, racconta, è stata «l'ultima Direzione, dove si è palesata una linea in cui non mi riconosco più». Troppi personalismi, nessuna «agibilità politica» per chi dissente; «il Pd ormai è diventato un'altra cosa, più simile a Forza Italia del '94 che al Pd del Lingotto», ha dichiarato ieri annunciando di aver rotto gli indugi lasciando il gruppo per seguire il cuore. Che la portava - vero, anche se sembra un romanzo d'appendice - proprio verso Mdp di Bersani e dell'odiato (dal cugino) D'Alema. «Mi è costato in termini personali - narra la Sventurata -, l'ho dovuto spiegare a mio papà e a mia mamma, che mi hanno cresciuta portandomi alle feste dell'Unità». In pratica, quelle ridimensionate dal nuovo corso, cui da quest'anno neppure la Cgil vorrà partecipare.
Una tegola che non si augurerebbe al peggior nemico. Renzi isolato va bene, ma anche da parte della sua famiglia è troppo. Non vorremmo che la lettura dell'ultima intervista a D'Alema, ieri pubblicata dal Fatto, abbia condizionato la scelta di campo. Nel delineare con consueta sagacia il campo progressista, il vecchio leader ha spiegato che se a sinistra si continua a litigare, gli elettori «non ci voterebbero nemmeno se li andassimo a prendere con il servizio d'ordine». Dunque, l'unità è presupposto indispensabile, e il radicalismo che porterebbe alla riedizione perdente della Sinistra arcobaleno malattia infantile contro la quale vaccinare tipi alla Fratoianni, «un simpatico giovanotto a volte inutilmente polemico». E se le posizioni «critiche e aggressive» alla Falcone e Montanari «non servono a nessuno e rischiano di marginalizzarli», Pisapia «ci ha fatto fare un salto di qualità». D'Alema spera che l'ex sindaco ci ripensi e si candidi, come farà lui, quando sarà il momento: cioè alle primarie di novembre («non cammellate e inquinate»), dopo aver saputo con quale sistema elettorale si vota. «Quando un leader genera speranza e aspettativa ha il dovere di confrontarsi con il voto popolare». Ma l'apice, D'Alema lo raggiunge con quanto si diceva all'inizio.
Seppur «disgustato come Letta» dal libro di Renzi, non ha potuto fare a meno di restare colpito, mercè la gran messe di «anticipazioni», da «un episodio rivelatore: quando Renzi scrive che sua figlia chiede se è certo dell'abiura del dalemismo da parte di Orfini.
È aberrante, questa è educazione all'odio, è elogio del tradimento. Se questi sono i principi educativi, c'è da essere seriamente preoccupati». Dopo aver letto il passo, anche la Cugina è tracollata, risvegliandosi dall'orribile sogno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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